Don Alfonso 1980: la grande cucina identità di un territorio. L’intervista allo Chef Ernesto Iaccarino

di Alessandra Zecchinon

famiglia Iaccarino foto Stefano Scatà

Un ambiente naturale che è un angolo di Paradiso sulla terra…È qui che nel 1890 Costanzo Alfonso – uomo dal grande senso imprenditoriale, capace di intuire il potere delle modernizzazioni del suo tempo – inaugura la Pensione Iaccarino, meta di intellettuali, uomini politici e personaggi famosi. Una storia di successo lunga cinque generazioni che hanno fatto del Don Alfonso 1890 uno dei templi della cucina italiana premiato con due Stelle Michelin.

Ernesto Iaccarino foto Stefano ScatàIl vostro è uno dei ristoranti italiani più famosi all’estero. Come definirebbe la sua cucina?
I principi fondamentali della mia cucina sono essenzialmente tre:
– materie prime di eccellenza,
– rispetto dell’Identità culturale,
– evoluzione.
Sono fermamente convinto che noi siamo ciò che mangiamo per cui avere piccoli artigiani che producono la mozzarella, il pescatore. che porta il pescato del giorno o avere un macellaio di fiducia che seleziona le carni direttamente sulle montagne del Beneventano per noi è un must assoluto dal quale partiamo per costruire la nostra cucina.
Oltre al fatto che, abbiamo un’azienda agricola biologica di quasi 10 ettari dove produciamo tutte le materie prime che utilizziamo al Don Alfonso quali olio EVO, il celebre liquore di limone, frutta e verdura. Un altro aspetto importante della nostra Cucina è il rispetto dell’Identità. Noi apparteniamo ad una cultura gastronomica di oltre 3000 anni e che trova le sue radici nella cultura greca per cui ovviamente quando si è consapevoli di avere un patrimonio culturale di questo tipo, bisogna solo avere il rispetto per chi ti ha preceduto, per chi ha lavorato anni per elaborare ricette che poi rappresentano la tua tradizione. Dunque, la cucina come rispetto della nostra Identità culturale, ma anche cucina come evoluzione. Il cibo è da sempre evoluzione. Basti pensare a quanto è successo dopo la Scoperta dell’America con l’arrivo di pomodori e patate, ad esempio. Ingredienti fino ad allora sconosciuti in Europa. Quante ricette oggi si basano su questi due ingredienti e rappresentano parte della nostra tradizione consolidata? Il cibo, quindi, è da sempre evoluzione e contaminazione. Un cuoco moderno deve essere sempre aperto al nuovo e all’innovazione, perché un’innovazione ben riuscita, diventerà una tradizione nel futuro.

dettaglio sala Don Alfonso 1890 foto Stefano Scatà

La cucina campana e i suoi piatti simbolo come la pizza e pasta al pomodoro sono molto amati ed apprezzati nel mondo. Secondo lei a cosa è dovuto questo successo?
Alla qualità degli ingredienti utilizzati e alla semplicità intesa come sinonimo di eccellenza. Inoltre la Pizza ha quella sua connotazione popolare, che unisce le persone ed è accessibile a tutte le classi sociali.

La cucina campana è rimasta fedele alla tradizione? Quali cambiamenti, quale evoluzione ha notato?
La Campania ha un immenso patrimonio culinario, ricco di prelibatezze uniche al mondo. L’amore e la passione per il cibo e la cucina sono particolari. Preparare i piatti e riunire le famiglie è talvolta un rito che dona gioia. Le ricette si tramandano, quello che cambia sono le tecniche con cui si preparano e l’attenzione che si presta nella selezione degli ingredienti. Basti pensare al successo dello street food o della pizza che in tutto il mondo cercano di preparare. Ma la Cucina è da sempre contaminazione.Per esempio, uno dei nostri ultimi piatti: “Maialino nero con pelle croccante, agrodolce al tamarindo, sedano, purè di patate alla curcuma e chutney di cipolle rosse di Tropea”. In questo piatto ho usato la tecnica di cottura della carne asiatica, il chutney che è invece tipicamente indiano, la curcuma è usata per lo più in Nord Africa, mentre il tamarindo è un ingrediente tropicale. Il Maialino nero, infine, proviene dalla mia regione così come la cipolla. Questo piatto è un viaggio in giro per il mondo, un viaggio che termina sempre nella mia terra.

L’arte del pizzaiuolo napoletano è diventata patrimonio immateriale dell’umanità. Cosa pensa della pizza? Ha visto un’evoluzione negli anni?
L’Unesco ha voluto riconoscere quale patrimonio dell’umanità la creatività dei pizzaioli capaci di trasformare ingredienti basici come l’acqua e la farina in una creazione di incredibile valore culturale che ha portato l’Italia in tutto il mondo. Questo è il vero successo. All’impasto che era da sempre eccezionale, da qualche anno hanno iniziato anche a mettere al centro del progetto la qualità delle materie prime. E questo oggi fa la differenza.

Come vede tutta la ricerca e l’innovazione intorno alla pizza?
Indispensabili, così come altrettanto indispensabile è il rispetto della tradizione. Anche se cambiare qualcosa che funziona così bene è molto difficile!

Scopri la ricetta “Concerto di profumi e sapori di limone” dello chef!

Crediti foto: Philippe Schaff e Stefano Scatà


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