La normativa sul fritto: come ottenere una frittura buona e salutare

Dr.sse Elga Baviera e Sabina Rubini<h3>Normativa italiana e sicurezza legate alla preparazione di una frittura

Dr.sse Elga Baviera e Sabina Rubini

Normativa italiana e sicurezza legate alla preparazione di una frittura

Il fritto piace a tutti, ma…

Il fritto piace a chiunque ma per una buona frittura è importante prestare attenzione ad alcune normative di settore. La frittura, che consiste nel gettare o immergere un alimento in un grasso bollente, comprende quelle operazioni di cottura per via secca, diffusasi dal Medioevo in poi, con la quale il cibo acquisisce peculiari caratteristiche gastronomiche di colore, consistenza e gusto, tali da renderlo apprezzabile in molte culture del mondo.
Tra gli aspetti fondamentali legati alla sicurezza igienico-sanitaria in questo specifico trattamento termico culinario, un ruolo fondamentale è rappresentato dalla temperatura, dalla qualità e dalle caratteristiche chimiche dell’olio utilizzato, dalle tecnche impiegate, dalla conoscenza dell’utilizzo delle attrezzature e degli strumenti adatti e… da una buona dose di esperienza! Vediamo quindi la normativa sul fritto in vigore nel nostro paese.

Cosa dice la normativa sul fritto?

Nell’ambito legislativo del quale si danno solo delle informazioni indicative e non esaustive, i ristoratori più “navigati” lo ricorderanno, si deve tener conto della Circolare Ministero della Sanità 11 gennaio 1991, n. 1 – Oli e grassi impiegati per friggere alimenti. La circolare è nata con lo scopo di suggerire agli addetti ai lavori alcune semplici regole su come migliorare le qualità organolettiche degli alimenti fritti.

Per coloro che stanno cominciando una attività di ristorazione collettiva, si ricorda l’importanza del D. Lgs. 152/2006 s.m.i. il cd. T.U. ambientale che nell’art. 233, al c. 12 stabilisce come “chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli ai consorzi direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi” per il conseguente riciclo. Tali pratiche, naturalmente, dovranno essere riportate e documentate all’interno del proprio Manuale di Autocontrollo Igienico e, ove necessario, a completa disposizione delle Autorità Competenti.

Si consiglia di consultare per casi specifici altresì ulteriori normative verticali, come nel caso di soggetti produttori di oli esausti provenienti da cucine presenti su navi, per le quali si rende necessario considerare anche quanto prescrive il D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 182 art. 7, c. 4 (si veda anche il DM 22 maggio 2001 art. 1, c. 1).

In linea generale si rammenta che, secondo l’Istituto Superiore di Sanità un buon indicatore di degradazione degli oli è rappresentato dal contenuto di composti polari derivanti dalla trasformazione chimica (perossidi, acidi grassi liberi, polimeri, ecc.) che pertanto ha ritenuto di fissarne il loro tenore massimo a 25 g/100 g negli oli e nei grassi utilizzati per la frittura degli alimenti. In virtù di ciò sentenze hanno indicato come proprio in relazione alla circolare del Ministero della Sanità del 1991 produrre cibi (pesce fritto), destinato alla somministrazione diretta ai clienti del proprio esercizio, con olio fortemente alterato (presenza di componenti polari superiori al 25%) costituisce violazione al disposto dell’art. 5 lett. d) e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, indicando così un illecito penale.

Chi sono Elga Baviera e Sabina Rubini?

Elga Baviera e Sabina Rubini sono dottoresse, biologhe ed esperte in igiene, sicurezza e qualità degli alimenti, divulgatrici scientifiche, formatrici in corsi di alta qualità e master di settore, co-founder dello Studio ABR e del portale sulla Sicurezza Alimentare www.alimentiesicurezza.it


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