Intervista a Isabella Potì, la giovane promessa della cucina contemporanea

Elisa Vian

Chi è Isabella Potì? Com'è iniziato il suo percorso in cucina? Cosa dobbiamo aspettarci da lei per il prossimo futuro?

isabella potì chi è intervistaInserita dalla rivista Forbes tra i 30 giovani personaggi da tenere d’occhio e tra le 10 donne più influenti della cucina italiana, Isabella Potì a soli 23 anni conquista anche la prima Stella Michelin assieme allo Chef, e compagno di vita, Floriano Pellegrino e portano così il Ristorante Bros’ al successo, già peraltro annunciato.
Ma non solo, con un passato nelle migliori cucine internazionali, Isabella è stata giudice esterno nella settima stagione di MasterChef Italia e, di recente, abbiamo conosciuto la sua determinazione e professionalità come giudice del talent show culinario “Il ristorante degli Chef” assieme ai veterani Andrea Berton e Philippe Léveillé.

Conosciamo meglio Isabella, la giovane promessa della cucina contemporanea: talentuosa, centrata, instancabile e fortemente decisa a portare in alto le eccellenze della sua terra, il Salento.

Isabella, com’è iniziato il tuo percorso in cucina?
Il mio percorso in cucina è iniziato un po’ per gioco. Ho sempre amato stare tra i fornelli… durante l’estate infatti spesso partivo dai miei nonni materni, in Polonia, e trascorrevo gran parte del mio tempo a preparare dolci tipici.
Ogni tanto ci provavo anche da sola, con risultati però non tanto soddisfacenti. Quello che all’inizio era solo un passatempo, è diventato una vera e propria passione fino poi a divenire un mestiere. Non ho ricordi lontana dalla cucina.

Hai fatto la gavetta e, imparato molto, nelle cucine internazionali di importanti chef. Quanto è stato importante l’estero nella tua formazione?
La mia formazione all’estero è stata di fondamentale importanza, direi quasi totalizzante. Viaggiare è già da sé un’esperienza formativa che forgia il carattere e la personalità di ognuno. Viaggiare lavorando e girando per le cucine stellate più importanti d’Europa, non può essere che un bagaglio dal peso esorbitante.
Questo bagaglio ha creato la mia identità in cucina oltre che nella vita: da ogni esperienza ho raccolto tutto ciò che di buono potevo portare con me e, ad oggi, tutto ciò che raccolgo è il frutto proprio di quel passato, che poi così passato non è.

Il ristorante Bros’ ha conquistato la prima Stella Michelin, la prima stella del Salento. Cosa rappresenta per te questo traguardo?
Non si tratta di un traguardo ma è solo uno degli obiettivi raggiunti. Un riconoscimento simile non ha fatto altro che spronarci a fare ancora meglio e non può far altro che spronare anche il nostro territorio a crescere ancora più rapidamente.

E la tua terra, il Salento?
La mia terra è la chiave di volta nel mio lavoro, oltre che nella mia vita. La mia terra è nel nostro ristorante, è nei nostri piatti, in tutti gli ingredienti che studiamo e scegliamo, oltre che nella nostra filosofia.

Lavori con Floriano Pellegrino, Chef e compagno anche nella vita. Cosa vi accomuna in cucina?
Sicuramente ciò che maggiormente ci accomuna è la visione che abbiamo degli ingredienti che poi portiamo nei nostri piatti, oltre all’enorme intensità che ci lega a questo lavoro.
 

 
Qual è la tua idea, la tua filosofia della cucina?
Definiamo la nostra cucina in tre semplici aggettivi: minimal, concettuale e “radicata”. Quest’ultimo è il termine a cui più siamo legati: “radicata” significa cucina strettamente legata al territorio. Nel nostro ristorante, infatti, cambiamo menu ad ogni cambio di stagione: una scelta dettata dalla forte esigenza di inserire nei nostri piatti ingredienti che mostrano la loro maggior essenza proprio in quel determinato periodo dell’anno. Non ci limitiamo soltanto ad esaltarne il gusto.

Le tue regole?
Le mie regole sono semplici, ma ben definite: disciplina, senso del sacrificio e costante voglia di crescere e di migliorarmi ogni giorno.

E gli errori assolutamente da non fare?
L’errore da non commettere è quello di credere di essere già arrivati, già pronti e finiti. Non bisogna commettere l’errore di non ascoltare quei consigli che consentono di capire cosa non va e in cosa occorra migliorarsi… il confronto è un enorme mezzo di crescita.

Quanto è importante la femminilità nella creazione di un piatto?
Più che la femminilità sono dell’idea che sia importante la delicatezza e la sensibilità in ogni suo aspetto, che venga da una donna o da un uomo è assolutamente indifferente.
 

 
Parliamo di Chef: un collega che stimi e apprezzi, per quale motivo?
Come spesso dico, lo chef che più stimo e apprezzo è Martin Berasategui per i motivi più svariati: per la sua caparbietà, per lo spiccato spirito imprenditoriale, ma più di tutto per essere riuscito a tenere unita la propria squadra per più di 20 anni, è assolutamente ammirabile.

Parliamo di televisione. Perché hai deciso di accettare l’esperienza televisiva?
Avrei mentito a me stessa, e non solo, se fossi rimasta impassibile davanti ad una proposta di questo genere. Il format è davvero molto interessante e diverso dal solito: questo mi ha dato ancora più input per accettare una proposta di questo tipo. Mettiamoci poi che l’approccio assolutamente professionale su di me fa sempre colpo.

La menzione di Forbes, la Stella Michelin, un successo mediatico. Qual è stata la tua reazione a tutti questi riconoscimenti?
Come ho detto prima, sono riconoscimenti importantissimi che non fanno altro che renderci maggiormente fieri ed orgogliosi di quanto facciamo. Si tratta di obiettivi raggiunti che ci danno maggior consapevolezza che quello che stiamo facendo lo si sta percependo nel modo giusto. Sono solo ulteriori stimoli al nostro lavoro quotidiano.

È difficile mantenere i piedi per terra con tutto questo successo?
Per me no! Rimango sempre ancorata per terra, poche cose mi smuovono. Mi inorgoglisco, ma nella mia vita non cambia veramente nulla.

Oltre ad essere head-chef di Bros’, sei anche pastry-chef. Quali sono i suggerimenti per la creazione di un dolce al ristorante?
I consigli per la creazione di un dessert da ristorante sono gli stessi che seguiamo per tutto il resto delle nostre portate. Il dolce non deve essere altro che la continuazione e il finale speciale di un percorso gustativo che deve culminare con una vera esplosione.

Un dolce che ti rappresenta?
Come dico sempre, il soufflé. Mi rappresenta perché è assolutamente dinamico, versatile ed imprevedibile. E per noi, che cambiamo ingredienti a seconda della loro stagionalità, è un dessert che si presta benissimo a questo “gioco”.

Ultima domanda: da grande vorrei…?
Continuare a fare ciò che sto facendo ora, con la stessa passione e grinta.

Courtesy: Isabella Potì


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