Intervista allo chef 3 stelle Michelin Massimiliano Alajmo de “Le Calandre”

Alessandra Zecchinon

Chi è Massimiliano Alajmo

Nato in una famiglia di ristoratori, Massimiliano Alajmo, fin dall’infanzia respira e vive l’atmosfera della cucina de Le Calandre – Rubano (PD) – dove vede all’opera sua mamma Rita Chimetto, una delle prime donne a ricevere la stella Michelin. È nel 1994 che avviene il passaggio di testimone nella gestione del ristorante: Massimiliano diventa responsabile delle cucine, mentre il fratello Raffaele, ricco di un’esperienza tra le migliori cantine italiane e francesi, assume la direzione del ristorante. I due fratelli intraprendono così una scalata al successo che li porterà a conquistare nel 1996 la seconda stella, ma è nel 2002, a soli 28 anni, che Massimiliano entra nella storia diventando lo Chef più giovane ad essere insignito delle tre Stelle Michelin. Oggi Le Calandre sono una fucina di creatività e di buon gusto, i due fratelli, infatti, hanno avviato un gruppo diretto da Raffaele che conta diversi locali prestigiosi di cui Massimiliano supervisiona e gestisce le cucine.

Massimiliano Alajmo
Crediti foto: Sophie Delauw

È stato lo Chef più giovane a raggiungere le tre Stelle Michelin, un grande traguardo, ma anche una responsabilità importante. Come ha vissuto la cosa?
È stato un grande onore per tutti noi e lo è tutt’ora. Un risultato importante frutto del lavoro di tutta la famiglia e dei nostri splendidi collaboratori. Ricordo ancora il giorno successivo, avrei voluto cambiare ogni cosa, ogni dettaglio della nostra cucina. In sintesi l’abbiamo vissuta come uno stimolo per migliorare.

Lei è figlio d’arte, oltre a sua mamma, una delle prime donne a ricevere la stella Michelin, quali sono le personalità che hanno maggiormente influito sulla sua carriera di Chef?
Devo dire che ho avuto molti grandi maestri da Alfredo Chiocchetti a Marc Veyrat a Michel Guérard, a mio zio Giovanni Chimetto. Sempre affascinato dallo studio degli stili e dalle differenti espressioni, ho studiato i grandi maestri delle cucine italiane e non solo. I miei nonni, i miei genitori e mio fratello Raffaele sono stati e sono sicuramente un traino e un esempio quotidiano.

Chef, ma anche panificatore e pasticciere, qual è il piatto che meglio rappresenta la sua idea di cucina e cosa desidera trasmettere a coloro che assaggiano i suoi piatti?
Forse Zafferano e liquirizia che è il nostro concetto di luce e di profondità. La lettura simbolica delle parti contrapposte, radice e pistillo, oscurità e luce necessarie al processo di elevazione, di ricerca del bello e del sacro.

Ha brevettato la pjzza al vapore e dato alle sue ricette nomi simpatici quali Maxcalzone e Maxcalzino. Cosa l’ha spinta ad interessarsi alla pizza? Quali sono le caratteristiche di questo piatto e cosa lo distingue dalla pizza tradizionale?
La pizza l’abbiamo sempre intesa come una delle preparazioni della grande cucina italiana. Per fare un parallelismo con altri paesi la vediamo come il sushi, il sashimi, il tofu, gli yaki, la tempura o altre discipline della cucina Giapponese che si possono ritrovare sia in espressioni singole in ristoranti specifici che in una sequenza armoniosa e misurata della grande cucina Kaiseki.

In tal senso intendiamo la pizza e per tale ragione abbiamo lavorato su quelli che per noi sono dei parametri importanti: l’espressione dei singoli sapori, il controllo delle fermentazioni e delle lievitazioni e non ultimo il rispetto delle varie cotture di tutti gli elementi che la compongono senza scendere a compromessi. Questo studio si innesta perfettamente nella ricerca di quella che definiamo Fluidità ovvero di una cucina che ascolta la materia e cerca di seguire il suo flusso.
L’acqua con la sua forza rigenerante diviene ingrediente di rivoluzione lasciando un esito di leggerezza e purezza che amplica ogni elemento aggiunto in superficie sia nella versione al vapore che al forno, che alla griglia che croccante in padella.

Il Maxcalzone è una delle recenti interpretazioni di pasta pizza in patent-pending presentata a Identità Golose e si differenzia da un calzone classico per particolare croccantezza, leggerezza e rispetto di tutti gli ingredienti che lo compongono nelle relative necessità di cottura. Il Maxcalzino è la versione mignon.

Massimiliano e Raf Alajmo
Crediti foto: Diego Magro

La Centopezze è un’ulteriore interpretazione presentata al congresso (in patent-pending) che presenta una stratificazione di uno o più impasti differenti. Gli impasti possono essere di gusti e colori differenti e conferiscono di conseguenza sapore al condimento. Il formato è a filoncino e offre consistenze differenti in cui il croccante si alterna nei vari strati alla morbidezza. Sia il Maxcalzone che la Centopezze sono in carta attualmente da AMO a Venezia e abc Montecchia a Padova.

Ha aperto 9 locali nel Veneto, situati in un’area territoriale abbastanza ristretta tra Padova e Venezia, ma il Caffè Stern si trova a Parigi. Cosa l’ha spinta ad aprire un locale in questa città e quali sono le sue particolarità?
La scelta è il frutto di una serie di fortunati eventi, in un certo senso. Tutto ruota intorno all’irripetibile opportunità che ci si è presentata: Gianni Frasi, torrefattore nel Laboratorio Torrefazione Giamaica Caffè di Verona, nonché nostro caro amico. Conoscendo le nostre intenzioni di aprire un locale all’estero, durante una delle nostre conversazioni, ci aveva suggerito un luogo che aveva visto nel cuore di Parigi. Durante un viaggio nella capitale francese, abbiamo visto il Graveur Stern: una folgorazione. Un locale storico nel cuore della città, che ha ospitato per quasi duecento anni un atelier d’incisione, ormai chiuso al pubblico da tempo. Oggi è diventato il Caffè Stern, un posto magico, ricco come pochi di storia e di arte decorativa manuale. Non abbiamo potuto, saputo e voluto dire di no!

La saletta del Ristorante Le Calandre
Crediti foto: Sergio Coimbra

Ad ogni cambio stagione lei dipinge a mano ogni singolo menù. Che ruolo riveste l’arte nella sua attività professionale?
Adesso non esageriamo, diciamo che ci piace il colore….
Amo tutte le forme espressive e cerco sempre il bello perché mi da gioia e speranza.

La sua è una personalità ricca d’interessi, sempre in movimento; con suo fratello ha già pubblicato due libri, c’è qualche progetto editoriale al quale sta lavorando?
In questo momento tanti progetti sul tavolo, nulla di editoriale per ora, ma non si sa mai. Il nostro gruppo di lavoro è altamente creativo e le varianti in corso d’opera sono frequenti.

Se non avesse fatto lo Chef verso quale altra attività avrebbe diretto i suoi interessi?
Il cliente.

Una cosa che vorrebbe fare e che non ha ancora avuto modo di fare?
Mangiare al Asador Extebarri.


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