Quanto è “in” l’aut-unno del cibo e del vino

Luca Gardini

Luca Gardini

L’estate così colorata e spensierata com’è, sembrerebbe essere la migliore tra le stagioni. Guardi nel piatto come nel bicchiere e l’ipotesi diventa quasi certezza, tanti sono le consistenze, i sapori oltre alla facilità di abbinamento di molte materie prime di questa stagione. Pensandoci ancora meglio tuttavia le cose non stanno proprio così. Immaginiamo uno scenario tipo: cena a casa con amici. Dopo una giornata di cottura al sole, in pochi avranno voglia di prolungare il trattamento, accendendo i fornelli. Per le verdure il gioco è semplice – con pinzimonio e caponata andiamo a comandare dirà qualcuno – mentre con carne e pesce il discorso cambia. Se le ricette senza fuoco per il pescato sono, dall’avvento del sushi in poi, un qualcosa di digerito, lo stesso, ad eccezione di tartare e carpaccio, non accade per quelle a base di carne. Con l’autunno la situazione migliora decisamente. Con il calare delle temperature crescono le calorie, favorite da un utilizzo più intensivo dei grassi –il burro come la parolaccia quando ce vò ce vò- che aprono ad un nuovo panorama di cotture e preparazioni.
 
vino_gardiniIl pesce infine esce dai limiti, necessari, del fermo pesca, aprendosi da settembre in poi ad una nuova varietà di specie e di relative pietanze. Con l’allargarsi dell’offerta della tavola, quella del vino non può certo essere più timida, estendendo il panorama degli abbinabili anche a vini più robusti o comunque non troppo a loro agio quando la colonnina di mercurio è ai piani alti. Dovendo scegliere tra le materie prime autunnali da maritare al vino, suggerisco, per matrimoni duraturi, alcune etichette non così scontate. Al tartufo nero, ingrediente ampiamente diffuso lungo tutta la penisola, abbinerei un vino ottenuto da una varietà di pari diffusione. Il Sangiovese è il grappolo più coltivato nel nostro paese. Quello prodotto dall’azienda Torre San Martino è uno degli esempi, quelli bravi parlerebbero addirittura di archetipo, del Sangiovese di Modigliana. Siamo in una Romagna che cerca di percorrere il sentiero della territorialità rispetto all’autostrada, spesso troppo affollata, dei gusti del mercato.
 
Grazie al Riserva Vigna 1922, ricavato da piante dalla genetica antica (la vigna è rimasta praticamente allo stato selvaggio sino agli anni 2000) il Sangiovese si riscopre delicato nel colore quanto nel gusto. Il frutto qui non è un solista, ma un elemento di un collettivo che può contare su quella terrosità – a suon di violetta- che richiama quella, più profonda, espressa dal tartufo nero.
 
Quello bianco, dominatore delle preparazioni a cui prende parte sin quasi alla tirannia, lo vedrei a suo agio, pensate un po’, con un vino bianco. Il Verdicchio è una delle varietà che sopportano meglio il trascorrere del tempo. Dopo diversi anni, ad esempio, è in grado di assumere toni che definirei quasi autunnali. Il Plenio (Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva) di Umani Ronchi, straordinario da giovane, con il tempo, ricorda all’assaggio la cera d’api, il cedro, mostrando addirittura quei toni di idrocarburi che richiamano la gassosità inconfondibile del tartufo bianco. Facile con i porcini, indipendentemente da come siano cucinati, l’abbinamento con un Pinot Nero.
 
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Per rimanere sull’eleganza, molto meno sulla consuetudine, scenderei in Sicilia, provincia di Messina, per sostituirlo con un Faro Doc (base Nerello Mascalese), prodotto dalla cantina Le Casematte. Con la rarità degli ovuli e la loro delicatezza, tutelata a patto di consumarli crudi, accosterei un vino ricavato da uno tra i vitigni più eleganti: il Riesling. Un nome? Quello prodotto dalla cantina Pacherhof, dal carattere tropicale e sapido al tempo stesso. Con il giallo dei galletti, funghi che prediligono la cottura, meglio se insieme al burro, sceglierei un rosso. Uno che sappia accoppiarsi al sapore lievemente fruttato – vagamente ricorda la prugna – che caratterizza questi funghi piuttosto diffusi in Alto Adige. Rimanendo sullo stesso territorio anche con il vino, consiglio un Lagrein. Quello della cantina Laimburg è tipico sulle note di frutta rossa, pepe e cacao, non facendo mancare quel tannino, necessario a sgrassare una prima polenta autunnale, condita con finferli saltati al burro e una generosa spolverata di formaggio.


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