Si può somministrare il pesce crudo?

Valentina Tepedino

Valentina Tepedino

E’ sempre in aumento la domanda e dunque l’offerta di pesce crudo nei ristoranti, ma c’è ancora moltissima confusione sia nei ristoratori che nei clienti a questo proposito. Il tema principale di questo articolo sarà per lo più il pericolo di assunzione di parassiti trasmissibili all’uomo attraverso il consumo di prodotti ittici crudi. In modo più specifico ancora si parlerà del parassita del genere Anisakis che è sicuramente quello più diffuso e più temuto.
 
Innanzitutto vanno fatte un po’ di precisazioni riguardo all’Anisakis poiché spesso, anche sui media, si sentono informazioni scorrette. Quest’ultimo è un parassita che può essere presente in tutti i mari, in tutte le specie ittiche e che sempre c’è stato e sempre ci sarà. Inoltre sembra essere anche un indice di buono stato di salute delle acque in cui vive poiché è particolarmente abbondante nelle aree più affollate da delfini ed altri mammiferi acquatici che sono poi anche attori del suo ciclo biologico. Questa premessa è d’obbligo per fare comprendere ai lettori che l’Anisakis è un parassita non nuovo, ma oggi più conosciuto probabilmente per le nuove tecniche diagnostiche utili alla sua identificazioni nell’uomo e per l’aumento dei casi dovuti alla moda sempre più dilagante di consumare prodotto ittico crudo. Difatti se consumassimo prodotto cotto o abbattuto e dunque congelato alle temperature indicate dalla normativa vigente l’Anisakis morirebbe.
 
La legge stessa ne impone l’abbattimento o congelamento del prodotto per questioni di sicurezza sanitaria. E’ il caso dei pesci e dei molluschi cefalopodi come i polpi destinati ad essere consumati crudi praticamente tali, oppure sottoposti a trasformazioni che non garantiscano l’uccisione di eventuali parassiti come i prodotti affumicati a freddo o sott’olio o sotto sale, ecc. Per i prodotti ittici in questione la legge richiede che siano sottoposti ad un congelamento consistente in un abbassamento della temperatura in ogni parte della massa del prodotto fino ad almeno: – 20 °C, per almeno 24 ore, oppure – 35 °C, per almeno 15 ore.
 
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In questi casi la legge concorda una deroga al generale obbligo di indicare sul menù se l’alimento servito sia preparato con materia prima congelata o surgelata. Il problema sorge quando si tratta di distinguere il prodotto che sia stato abbattuto/congelato per le suddette ragioni, da quello che abbia subito lo stesso trattamento per essere conservato più a lungo. Infatti, non esiste una norma che stabilisca entro quanto tempo il prodotto trattato con il freddo, secondo le modalità descritte, debba essere smaltito.
La seconda questione riguarda l’opportunità di richiedere una deroga rispetto all’obbligo di indicare sul menù “congelato” a fianco del prodotto (materia prima o preparazione) che sia stato congelato per essere sì conservato, ma per lo stretto tempo indispensabile affinché l’alimento possa essere somministrato alla clientela conservando integre le sue proprietà organolettiche originarie.
 
Occorre far comprendere, al legislatore come al consumatore, che non sempre “congelamento” è sinonimo di “scarsa qualità”. Al contrario, il congelamento, se effettuato secondo le corrette modalità, può essere un mezzo utile a garantire la “freschezza” degli alimenti, ad impedirne il deperimento per il tempo utile alla somministrazione. Il problema è che molti ristoratori ancora ignorano o si vergognano di dichiarare che il pesce che somministrano crudo non è fresco, ma congelato e dunque tendono a non rispettare la norma o a mentire al cliente. Allo stesso modo il cliente che ignora la suddetta norma e la suddetta problematica esige il pesce crudo fresco e critica il ristoratore che somministra il prodotto ittico congelato anche se ai fini della sanificazione dello stesso. Dunque ci troviamo di fronte ad un problema di educazione alimentare e sicuramente una buona campagna informativa in merito potrebbe essere molto utile. Da circa due anni la normativa prevede che anche nei banchi della pescheria che vendono specie ittiche destinate ad essere consumate crude o praticamente tali ci sia un cartello che indichi al consumatore l’obbligo del congelamento per almeno 96 ore nel proprio frigo domestico.
 
L’Anisakis è un parassita e come tale è presente nel pesce vivo e dunque nel pesce freschissimo e non rappresenta in nessun modo, come purtroppo è stato a volte detto, un “verme” della putrefazione in pesci non più tanto freschi. Dunque l’ideale sarebbe anche eviscerare il pesce il prima possibile per impedire che questo parassita di pochi cm si trasferisca dalla cavità celomatica (lo spazio intorno ai visceri interni) nella muscolatura dello stesso e diventi più difficile dunque vederlo. Anche comprare il prodotto da fornitori affidabili e che verificano in autocontrollo questo aspetto fornisce delle garanzie in più. In ogni caso se si applica quanto previsto dalla norma, e quindi si congela il prodotto ittico da somministrare crudo, non si incorre nel problema e si tutela la propria immagine e la salute del proprio cliente.


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