Produzione e consumi birra: un prima e un dopo Covid-19

I dati, che fotografano l’andamento del settore nel 2019 e nei primi 6 mesi del 2020, evidenziando un “prima” e un “dopo” Covid-19, sono stati diffusi dall’Osservatorio Birra con la presentazione del 4° Rapporto “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, realizzato da Althesys. Per calcolare il valore condiviso, lo studio ha analizzato tutte le fasi della filiera della birra (approvvigionamento materie prime, produzione, logistica, distribuzione e vendita), considerando gli effetti diretti (valore aggiunto, contribuzione fiscale, occupazione, ecc.) delle attività dell’industria birraria italiana, quelli indiretti e indotti, le ricadute degli investimenti pubblici.

La primavera della birra, il boom dal 2009 al 2019 (produzione +35%)

La birra è arrivata a fine 2019 forte di una crescita durata praticamente 10 anni: +35% dal 2009 (17,2 milioni di ettolitri), con il 36,1% dei consumi concentrati nell’Ho.Re.Ca. e una quota, addirittura, del 63% del valore condiviso che fa capo a bar, hotel, ristoranti e pizzerie, in virtù di un notevole valore aggiunto.

Nel 2019 il valore condiviso creato dall’industria della birra in Italia ha sfiorato i 10 miliardi di euro (9.483 milioni di euro, +3% rispetto al 2019). A cosa corrispondono 10 miliardi? Parliamo di un mezzo punto percentuale (0,53%) del nostro PIL, del 21% del valore del recovery fund per il biennio 2021-2022 e del 72% del valore alla produzione del settore delle bevande alcoliche. La birra non ha portato ricchezza solo a chi la produce, anzi, ne hanno beneficiato soprattutto le fasi a valle e a monte della filiera… e lo Stato.

Distribuzione e vendita hanno fatto la parte del leone (7.388 milioni di euro), mentre la primavera della birra ha portato un buon contributo alle casse dello Stato: 4.552 milioni di euro tra Iva, imposte e contributi sul reddito e sul lavoro, con una crescita del +8% rispetto a 3 anni prima. Ha permesso anche di distribuire 2.698 milioni di euro di salari e di dare lavoro, lungo la filiera, a 108.338 famiglie (con un valore di 31,4 occupati per ogni addetto alla produzione), registrando un aumento del +18% nella capacità di dare occupazione rispetto al 2017.

andamento consumi birra prima dopo covid

Lo stop imposto dal Covid-19: in 6 mesi persi 1,6 miliardi e 21mila posti di lavoro

Con l’arrivo del virus è cambiato tutto: da marzo a giugno 2020 la produzione ha subito una battuta d’arresto del -22%, con picchi, tra marzo e maggio, del -30%, e una timida ripresa a luglio (+8%) e agosto (+2%). Di riflesso, anche il valore condiviso è crollato, nel primo semestre 2020, del -22,7% (circa 900 milioni di euro) rispetto al primo semestre 2019 e del -34,2% rispetto al potenziale stimato (quasi 1,6 miliardi di euro), visto che i primi due mesi dell’anno seguivano il trend positivo degli ultimi anni, registrando un aumento della produzione del +7 e del +12%. La perdita di quasi 1,6 miliardi di euro (1.564) va a penalizzare soprattutto distribuzione e logistica, con l’Ho.Re.Ca. che da sola perde 1.373,9 milioni di euro. Il che significa anche 21.016 posti di lavoro persi lungo la filiera.

consumi birra 2020

Il Covid non ha fermato la voglia di birra degli italiani (grazie all’impegno dei produttori)

In questi mesi difficili non è però venuta meno la voglia di birra degli italiani: non solo è stata la bevanda più consumata nel lockdown e nei mesi estivi, ma per il 48% degli italiani birra vince la Palma d’oro di bevanda socializzante per eccellenza, come rilevato dallo studio di Osservatorio Birra “La birra specchio della socialità dal pre al post Covid-19”. E i produttori di birra, con un importante sforzo logistico, hanno messo in sicurezza i dipendenti per mantenere “accesi” i birrifici e garantire alla GDO regolare fornitura di prodotto. Ma il sostanziale blocco del canale Ho.Re.Ca. non è stato compensato dalle vendite del canale moderno.

Fuori casa: 7 addetti su 10 investirebbero nell’impresa i benefici di una minore accisa sulla birra

Un appello a ripensare la fiscalità della birra arriva anche dal resto della filiera, in particolare Ho.Re.Ca. e distribuzione, non considerando adeguati gli aiuti ricevuti in questi mesi. Un sondaggio somministrato da Fondazione Birra Moretti a 135 soggetti tra proprietari e lavoratori dell’Ho.Re.Ca. e del settore della distribuzione indica che circa il 15% delle aziende è stata costretta a licenziare, percentuale che sale a 19,2% nel caso del solo Ho.Re.Ca..

Per il 40% del campione, gli aiuti non sono stati per nulla adeguati, mentre il 70% di chi lavora nell’Ho.Re.Ca. investirebbe volentieri nell’impresa i benefici di una minore accisa. Per poter sopravvivere, chiedono infatti: agevolazione sugli spazi, riduzione dell’Iva e dell’accise, incentivi per impianti sulla birra in fusto, agevolazioni sul vuoto a rendere e sulla mobilità. Un diverso sistema di tassazione della birra potrebbe permettere quegli investimenti che servono a rilanciare l’out of home, un settore che altrimenti rischia di veder chiusi, nei prossimi mesi, circa 50 mila locali che attualmente danno lavoro a 350 mila persone (Fonte Fipe Confcommercio).


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