Covid: 5 regioni in zona arancione. Quali conseguenze per la ristorazione?

Con oggi quasi tutta Italia tornerà in zona gialla, tranne 5 regioni: Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto che restano in zona arancione. Per tutta Italia però, rimane il divieto di spostamento tra regioni, salvo che per motivi di salute, esigenze lavorative o rientro nelle proprie abitazioni, domicili o residenze. E anche la ristorazione subisce, ancora una volta, un duro colpo.

Come diffuso in una nota stampa di Coldiretti, le misure restrittive in vigore dal 10 al 15 gennaio colpiscono 4 italiani su 10. Con le regioni arancioni tra le più popolose a livello nazionale con oltre 26,3 milioni di italiani.

Cosa comporta questa maxi zona arancione per la ristorazione? La chiusura di 140mila bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi. Con un drammatico effetto sul settore che ha già perso il 48% del fatturato nel corso del 2020, come afferma Coldiretti.

In queste cinque regioni arancioni sono sospese tutte le attività di ristorazione al tavolo, ma con la possibilità di affettuare la consegna a domicilio e l’asporto. Non sempre sufficienti a compensare la sostenibilità dell’impresa di ristorazione. Nonchè, rivela Coldiretti, queste cinque regioni sono normalmente caratterizzate da un diffuso consumo alimentare fuori casa.

Gli effetti delle chiusura delle attività incidono su tutta la filiera produttiva e questo deve prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo la stessa per salvare l’economia e l’occupazione. Cosa che tarda ad arrivare, secondo quanto comunicato da Fipe – Confcommercio che dichiara: “Ogni giorno riceviamo decine di chiamate da parte di ristoratori e imprenditori che lamentano ritardi nell’erogazione dei ristori promessi dal governo. Quelli di Natale non si sono ancora visti, ma in moltissimi casi non sono stati corrisposti nemmeno quelli di novembre. In questo modo le imprese, impossibilitate a operare a causa di provvedimenti sempre più restrittivi e la totale assenza di pianificazione di medio periodo, non riescono a sopravvivere. Le promesse di non sfamano le persone. Prendiamo atto delle dichiarazioni del Ministro Di Maio e della Vice Ministro Castelli, ci auguriamo che si trasformino al più presto in versamenti sui conti correnti” .

Continua Roberto Calugi, Direttore Generale di Fipe-Confcommercio e mette sul banco un altro problema non sempre considerato: “Esiste poi un altro aspetto che non può più essere sottovalutato. Nella ristorazione abbiamo oltre 3mila imprese esodate. Mi riferisco a tutte quelle attività che, pur essendo chiuse per lockdown per Covid ad aprile 2020, non hanno potuto fare alcun raffronto con il fatturato di aprile 2019 in quanto inattive per varie ragioni (ristrutturazione, trasferimento di sede, ecc), rimanendo così tagliate fuori sia dalla prima che dalla seconda tranche autunnale di ristori. Il governo dia seguito al più presto anche alle richieste di aiuto di queste realtà”.

 

 


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