Coperto e ristorazione: dove, quando e perché

avv. Barbara Calza

avv. Barbara Calza

Gli avventori italiani ci sono ormai abituati, anche se non sempre sono pienamente edotti del significato e delle motivazioni alla base di questa dicitura (quasi) sempre presente sul conto finale (e sui menù) ma ciò nondimeno è spesso causa di malumori e polemiche al momento del pagamento del conto. Per i turisti stranieri, che non hanno un vero equivalente del coperto all’estero, questa voce di spesa risulta invece spesso di non facile lettura, con talvolta conseguenti richieste di delucidazioni e spiegazioni.Il coperto al ristorante esiste infatti solo in Italia e, come vedremo, ha lontane origini storiche.

Cosa si intende per coperto?

Ma partiamo dal comprendere cosa racchiude la voce “coperto”.  Con questa definizione si intende quello spazio occupato – nell’apparecchiatura della tavola – dagli oggetti di cui viene dotato il commensale ed è quindi comprensivo delle stoviglie, posate, bicchieri, tovaglia e tovagliolo. In alcuni casi, quando le apparecchiature sono particolarmente formali, il coperto può comprendere altre stoviglie e vettovaglie, ben oltre i classici standard. A ciò si va ad aggiungere poi il costo necessario per la successiva pulizia nonché il costo del pane.

Coperto

Tutto ciò al fine di dare più sostanza e insieme giustificazione al costo aggiuntivo richiesto. L’importo del coperto dipende poi, ovviamente, anche dalla tipologia qualitativa del servizio reso, ovvero dalla particolarità del ristorante, dalla professionalità del personale e, in generale da tutti quegli ulteriori servizi che non possono essere espressamente quantificati nel conto. Chiaramente la quantità e la qualità dei pezzi, il livello di apparecchiamento e l’insieme del servizio offerto, ridefiniscono in vario modo sia il concetto sia il costo del coperto, più o meno giustificandolo agli occhi del cliente.

Perché esiste questa voce?

Come si diceva, il coperto ha un’origine storica molto antica risalente, pare, addirittura al medioevo, quando questo contributo veniva corrisposto al proprietario della locanda da quei commensali che consumavano il cibo portato da casa, avvalendosi dei tavoli, sedie e posate del locale. Il costo del coperto veniva quindi a coprire il servizio e le comodità del riparo, del posto a sedere e delle stoviglie messe a disposizione dall’oste, che al contrario non includeva il coperto nel conto di chi usualmente avrebbe ordinato il vino e le pietanze preparate direttamente nella locanda. Fino all’inizio del Novecento il prezzo del coperto finì per includere l’acqua e il pane; i ristoratori continuavano infatti ad accettare che i clienti portassero il cibo da casa, considerando normale l’indigenza dei molti e cercando piuttosto di guadagnare con la mescita del vino.

Ma è legale?

È una domanda ricorrente, soprattutto, come si diceva, da parte dei turisti stranieri, poco avvezzi a questa consuetudine, tutta italiana. E si parla di consuetudine non a caso. Non esiste in effetti una legge che lo prevede ma, ad onor del vero, neppure una norma che lo vieti, a patto che la voce sia riportata nel listino prezzi del ristorante, come prescrive l’art. 18 del Regio Decreto n. 635/1940.

In effetti, alcuni anni fa si era parlato di un possibile decreto contro-coperto ma, al momento, non si è discusso o messo in atto nulla. Questo vuol dire che, a tutt’oggi, non ci sono regole che normano la presenza o meno del coperto al ristorante.

È evidentemente auspicabile che la questione venga regolarizzata, per lo meno a livello locale, dalle Regioni o dai diversi Comuni. Ad oggi, ciò è avvenuto, ad esempio nel Comune di Roma, dove già dal 1995 un’ordinanza dell’allora sindaco vietava di imporre la voce “coperto” ma consentiva, invece, di indicare le voci “pane e “servizio”. Successivamente, la Legge 21/2006 della Regione Lazio (Disciplina dello svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande) ha invece vietato l’applicazione del prezzo del pane e coperto da parte di qualsiasi ristoratore. L‘articolo 16 della legge regionale prevede infatti che: “Qualora il servizio di somministrazione sia effettuato al tavolo, la tabella od il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve indicare l’eventuale componente del servizio con modalità tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico. È inoltre fatto divieto di applicare costi aggiuntivi per il coperto”.

Alla luce di quanto sopra, pertanto, il proprietario del ristorante, se lo ritiene opportuno, può quindi far pagare al cliente tutti quei servizi che egli ritiene accessori e non compresi nel prezzo, come la qualità, la cura e la professionalità del servizio offerto, così come la posizione e il prestigio della propria location.

Il limite, come si diceva è rispettare l’obbligo di indicarne la voce ed il relativo costo sul menù allo scopo di favorire la trasparenza nei confronti del consumatore cliente.