L’Italia va a… tutta birra! Il mercato della birra italiana impenna

Stando a quanto riporta l’Annual Report 2022 presentato da Assobirra, si registra una crescita dei consumi interni del 6% rispetto al 2021. Un 3,3% nella produzione nazionale sempre in riferimento al 2021. Il rapporto riporta anche un aumento della birra importata del 10%. Si tratta dell’equivalente di 7,8 milioni di ettolitri di import nel 2022, che risulta quindi “più sostenuta rispetto a quella delle produzioni Made in Italy”.

birra italiana

I dettagli del rapporto di Assobirra

Durante il 2022 la produzione di birra italiana ha raggiunto 18,4 milioni di ettolitri. L’anno precedente, invece, si è fermato a 17,8 milioni di ettolitri. I consumi sono in aumento e sono cresciuti di oltre un milione rispetto al 2019 (raggiungendo quota 22,3 milioni di ettolitri).

Il mondo della birra italiana occupa circa 120 mila operatori e crea “un valore condiviso di 9,4 miliardi di euro (equivalente allo 0,53% del Pil) e versa all’Erario oltre 700 milioni in accise annue che si sommano alla contribuzione fiscale ordinaria”, sottolineano gli amici di Assobirra.

L’impennata del consumo di birra italiana

Anche nel consumo fuori casa si è registrato +20,9%. Bisogna ricordare che il 2021 era ancora condizionato dagli ultimi strascichi della pandemia e dalle chiusure conseguenti alle restrizioni. Questo dato si allinea con i dati del periodo precovid coprendo il 35,8% dei consumi nazionali (era il 32,6% nel 2021).

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“L’attuale Governo ha iniziato la sua attività con delle sfide importanti per il nostro settore: dalla proposta di etichettatura degli alcolici del Governo irlandese al rischio di innalzamento delle accise sulla birra” ha commentato così Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra. “Come già anticipato negli scorsi mesi confermiamo, tuttavia, la preoccupazione per la produzione di birra in Italia, spesso in crescente svantaggio rispetto a quella estera, che gode in alcuni casi di un fattore competitivo importante: accise anche quattro volte inferiori, come nel caso della Germania, rispetto a quelle pagate in Italia”.


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