Biova: la birra artigianale che nasce dal pane contro lo spreco alimentare

Biova è la birra artigianale che nasce dal pane recuperato.E che segue i principi dell’economia circolare. È un progetto a cui può aderire chi vuole fare qualcosa di concreto contro lo spreco alimentare. Infatti, Biova recupera le materie prime dai supermercati, hotel, ristoranti e panetterie. Queste poi, vengono lavorate da Biova. E lasciate fermentare nei suoi diversi birrifici. Infine, il cerchio si chiude restituendo il prodotto finito al distributore.
 

 
Biova è una startup torinese che concilia le necessità dell’ambiente a quelle del palato. Fondata nel 2017, Biova ha avviato una campagna di finanziamento collettivo sulla piattaforma BacktoWork. E ha già raccolto quasi 30 mila euro. Il CEO Franco Dipietro ha spiegato come funziona il progetto innovativo, e quali sono i piani per il futuro.
 
“La mia socia Emanuela Barbano ed io lavoriamo da anni in ambito comunicazione. Nel 2017, stavamo facendo anche volontariato presso una Onlus che si occupa di recuperare le eccedenze alimentari. È lì che ci siamo accorti quanto fosse difficile rimpiazzare il pane in eccesso. Era talmente tanto che nemmeno le mense riuscivano a utilizzarlo tutto. Così, abbiamo pensato di far convergere nella birra artigianale – un prodotto generalmente di alta fascia – qualcosa che invece rimaneva invenduto”.
 
Così, ogni giorno Biova raccoglie il pane in eccedenza che viene utilizzato per il processo di lavorazione. Infatti, il pane può sostituire circa il 30% del malto necessario alla produzione di una birra, così con 150 kg di pane invenduto è possibile produrre circa 2.500 litri di birra.
Il processo in sé avviene in birrifici diversi. E questo dipende dal luogo in cui lo scarto viene raccolto. Si tratta di un particolare tipo di produzione, cioè la “gypsy brewing” che permette di ridurre i tempi di trasporto del pane e di limitare gli investimenti strutturali. Questo va a favore del miglioramento dei centri di logistica e stoccaggio del prodotto.
 
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Secondo la Fao, un terzo della produzione mondiale di cibo viene sprecata. Questo significa che più di 1,3 miliardi di tonnellate cibo viene sperperato. Dunque, riciclare diventa indispensabile per supportare la sostenibilità ambientale. Ed è chiaro che il riciclo degli scarti è uno dei punti di forza di Biova. Infatti, sostituire il pane non utilizzato al malto, permette infatti di diminuire sia gli sprechi che la richiesta. Come? Il pane non viene sprecato. E si riduce anche la richiesta del malto. Ma tale risorsa diventa così anche disponibile per altri scopi.
 
Come spiega Franco Dipietro, è qui che entra in gioco il concetto di economia circolare. “Questo fa risparmiare suolo, acqua ed energia per raccolto, trasporto e tostatura del malto. Il risparmio di CO2 che otteniamo con la nostra birra, paragonata a prodotti equivalenti, è molto rilevante”. E riguardo ai progetti futuri, Dipietro racconta: “Il pane non è l’unico residuo alimentare che si può recuperare. Stiamo lavorando su altri prodotti come le rotture del riso, con cui faremo una birra senza glutine. Ma anche le trebbie per produrre farina”. Il concept di Biova infatti non sta solo nella produzione di birra artigianale, ma anche nel recupero degli sprechi alimentari di qualsiasi tipo.
 
Riguardo al finanziamento collettivo, Biova ha raccolto quasi 30mila euro, a fronte di un obiettivo minimo di 50 mila. Come ci spiega il CEO Dipietro, i ricavi saranno investiti per l’80% in una campagna di brand awareness. Ma anche nella ricerca e in sviluppo. Se l’obiettivo iniziale verrà superato, l’azienda punta a costruire un nuovo centro di raccolta del pane. In questo modo, la copertura geografica del servizio verrà aumentata, spostandosi verso il centro-Italia.
 
Le birre Biova sono disponibili in alcune delle principali catene di supermercati del Nord Italia, ma anche online sui vari siti di delivery. Il Ceo sottolinea infine che: “C’è poi l’e-commerce di Biova e un negozio fisico, a Torino”.
 
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