Bolgheri: i vini che hanno reso famoso questa terra

Luca Gardini

Luca Gardini

Bolgheri e i suoi vini

Di Bolgheri avevo un ricordo poco piacevole. Sarà perché il cipresso non è l’albero più allegro del mondo oppure perché il Carducci non è certo legato alla ricreazione. Una lezione comunque la poesia ‘Davanti San Guido’ me l’ha data: quella secondo cui le cose, alle volte, vanno vissute.

Allora vai a Bolgheri e capisci che il componimento in rima non è una punizione per studenti, ma un metodo per esprimere un’emozione. La stessa che in auto ti prende quando attraversi questa parata di colonne verdi – i cipressi appunto – che salgono verso le mura di Bolgheri. Siamo vicino a Livorno, per la precisione nel comune di Castagneto Carducci. L’unicità del luogo in qualche modo è testimoniata dalla bellezza dello stesso. Il merito va suddiviso tra mare e collina. Proprio questo binomio è responsabile, in positivo s’intende, del clima della zona.

In inverno le alture, disposte parallelamente alla costa, proteggono i vigneti, in totale occupano poco più di 1200 ettari, dai freddi venti invernali che provengono dall’entroterra. In estate poi la stessa conformazione montuosa crea quel corridoio ventoso che rinfresca e al tempo stesso allontana dalle piante, eventuali ristagni di umidità. L’influenza che il paesaggio ha sulle viti non può tuttavia dirsi compiuta senza i terreni. Una variabilità geologica che al tempo stesso rappresenta una variante in termini di complessità, garantita a suon di sabbia, terreni di origine marina, calcare, argilla, conformazioni di natura vulcanica.

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A questo si aggiunge il rifiuto del monoteismo variatele, a tutto beneficio di una pluralità di vitigni internazionali come: Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc, Syrah, Petit Verdot e Sangiovese, rigorosamente in ordine di diffusione. Non leggete la scelta varietale con lo stesso spirito che uno studente potrebbe avere di fronte alla poesia del Carducci.
Gli esperimenti sul taglio bordolese qui cominciarono – il merito va al Marchese Incisa della Rocchetta – negli anni ’40. Il fatto che solo alla fine degli anni ’60 uscisse il primo vino ricavato da questo territorio, fa sì che Bolgheri si possa considerare per certi versi immunizzata rispetto a quell’epidemia che ha portato, in tempi più recenti, molti territori a espiantare autoctoni per seguire le mode esterofile del vitigno internazionale. A Bolgheri la scelta è stata quella di andare oltre l’imitazione, per arrivare invece a una differente identità o piuttosto a una toscanizzazione di Cabernet Sauvignon e Merlot. I vini che qui sono prodotti da piccole cantine familiari, oltre che da alcune tra le più blasonate realtà vitivinicole italiane, sono espressioni di un’attitudine territoriale che predilige queste varietà, senza imposizioni di natura commerciale. Rimanendo alle bacche rosse, qui il 90% delle viti, si producono perciò tre Doc (Bolgheri Rosso Doc, Bolgheri Rosso Superiore Doc e quella Bolgheri Sassicaia Doc che, di fatto, appartiene a una sola azienda) definite, dalla vendemmia 2011 sia dal punto di vista della composizione varietale sia sotto il profilo della durata dell’affinamento. Le cifre? Si va dallo 0 al 100% di grappoli come Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc, ad un massimo del 50% per Syrah o Sangiovese, mentre le altre varietà complementari non possono superare il 30%.

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Il Bolgheri Rosso Doc può essere messo sul mercato dal primo settembre dell’anno successivo alla vendemmia, per la variante Superiore le uniche differenze rispetto al Rosso riguardano un’ulteriore restrizione delle rese per ettaro e l’affinamento, esteso sino a due anni di cui almeno uno da effettuarsi in rovere. Per la Doc Bolgheri Sassicaia invece, come detto applicata solo all’etichetta che dà il nome alla denominazione, non si può utilizzare meno dell’80% di Cabernet Sauvignon e l’affinamento deve protrarsi per due anni, con almeno 18 mesi spesi in barrique (nella zona non mancano ottimi vini classificati Toscana Igt, sempre più spesso di prossima conversione alle Doc del territorio).

L’assaggio di questi vini mette in risalto l’attitudine del territorio, accompagnata da una mano sempre più precisa in cantina da parte di molti produttori, che non mette mai in risalto quelle note verdi simili al peperone, che hanno poco del varietale, ma piuttosto dell’imprecisa maturazione. I vini di Bolgheri perciò sanno di frutto, spesso scuro, con declinazioni agrumate oltre a sensazioni balsamiche di erbe aromatiche e officinali, senza scordare quella sapidità che deriva, come detto, dalla complessità di suoli. Vini spesso molto longevi, che si abbinano a molte preparazioni di carne, comprese quelle variazioni sul tema della cacciagione, che rappresentano – in sede di abbinamento- una prova che pochi altri vini rossi sanno superare con tanta precisione e – guarda il caso – poesia.


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