Il brasato è uno di quei piatti che profuma di casa e di tradizione, ma che nelle mani di uno chef diventa un vero terreno di sperimentazione gourmet. È comfort food e cucina d’autore allo stesso tempo, capace di raccontare il territorio e sorprendere con infinite interpretazioni.
L’origine del nome
Il termine “brasato” affonda le sue radici nella cucina popolare, quando la carne veniva cotta “sotto le braci”. L’immagine è quella di una pentola di terracotta adagiata accanto al focolare, ricoperta da braci ardenti che ne avvolgevano il contenuto con un calore lento e costante. Non c’erano timer o termometri: era la pazienza a dettare i tempi, insieme all’esperienza delle mani che sapevano riconoscere il momento giusto.
Questa tecnica “di pazienza” non era solo un metodo di cottura, ma un rituale domestico che riuniva la famiglia attorno al fuoco e che trasformava tagli di carne semplici in piatti ricchi di sapore.
Oggi il concetto di brasare si è evoluto, trovando nuova vita nelle pentole in ghisa, nei forni professionali a vapore e persino nei sistemi di cottura a bassa temperatura (sous-vide), che permettono precisione e replicabilità anche in contesti ad alto volume. Eppure, il fascino rimane lo stesso: il brasato continua a essere il simbolo di una cucina che sa aspettare, trasformando la lentezza in valore e tradizione in innovazione.
Il taglio di carne perfetto
Il brasato non è un piatto da filetti o lombate: la sua forza sta nella capacità di trasformare tagli ricchi di tessuto connettivo in autentici scrigni di sapore.
Il più celebre è il cappello del prete (spalla bovina), che grazie al collagene diventa morbido e succoso dopo ore di cottura.
Altri tagli interessanti: il reale, il fusello, il pesce o il guanciale di manzo.
👉 Per lo chef: la scelta del taglio è un atto creativo tanto quanto la ricetta stessa.
Origini del brasato
Il brasato nasce come piatto contadino del nord Italia, figlio di un’esigenza pratica: rendere nobili i tagli di carne più duri grazie alla cottura lenta e all’uso del vino. Era un modo intelligente di trasformare una necessità in eccellenza, sfruttando la lunga marinatura per ammorbidire le fibre e arricchire la carne di profumi.
La versione più iconica è senza dubbio il brasato al Barolo, fiore all’occhiello della cucina piemontese, che unisce carne e vino in un matrimonio perfetto, esaltato da aromi come cannella, chiodi di garofano, alloro e bacche di ginepro. Questo piatto non era solo nutrimento, ma anche un simbolo di festa: si preparava per le grandi occasioni, quando il vino migliore della cantina meritava di finire non solo nei calici, ma anche in pentola.
Ma il brasato non è un’esclusiva piemontese. Ogni regione ha saputo reinterpretarlo con il proprio terroir: in Valtellina si usano i rossi robusti locali, in Veneto il Valpolicella, in Lombardia il Bonarda o il Nebbiolo delle Alpi. Ogni territorio ha arricchito la ricetta con spezie ed erbe tipiche, creando una vera mappa gastronomica del brasato.
Oggi il piatto conserva la sua identità storica, ma diventa terreno fertile per la creatività degli chef: giocare con vini bianchi strutturati, birre artigianali scure o addirittura infusioni di tè affumicato permette di dare al brasato nuove letture contemporanee senza tradirne lo spirito originario.
Metodo di cottura: la magia della lentezza
Il segreto del brasato sta nella cottura lenta e prolungata.
Marinatura: la carne viene lasciata riposare per ore (anche una notte) in vino rosso, con aromi, spezie e verdure.
Rosolatura: un passaggio fondamentale che sigilla i succhi e arricchisce la base aromatica.
Cottura lenta: in casseruola, al forno o in sottovuoto a bassa temperatura, per 3–5 ore.
👉 Per i professionisti: oggi la tecnologia permette di “modernizzare” il brasato. La cottura sous-vide a 65–70 °C mantiene succosità e precisione, mentre il forno a vapore garantisce uniformità anche su grandi numeri, ideale per ristorazione collettiva e banqueting.
Idee creative di brasato per l’autunno 🍂
Il brasato non è solo il classico piatto invernale da domenica in famiglia: può diventare protagonista in menu contemporanei, con format diversi.
Brasato sfilacciato per burger gourmet: servito in un bun artigianale con cavolo rosso marinato.
Ravioli ripieni di brasato e fondo bruno: un grande classico reinterpretato in chiave fine dining.
Pizza d’autore con topping di brasato sfilacciato, crema di zucca e fiordilatte: comfort e innovazione insieme.
Brasato in versione tapas: mini porzioni servite in ciotoline, perfette per aperitivi autunnali.
Brasato veg-friendly: rivisitazione con seitan o funghi cardoncelli, da proporre in ristoranti attenti al plant-based.
Brasato gourmet: esperienza, valore e strategia di ristorazione
Proporre il brasato come piatto signature di stagione significa dare identità al menu e raccontare il legame con il territorio.
Dal punto di vista gestionale è una scelta vincente: con tagli meno costosi e una corretta marinatura, si ottiene un piatto premium dall’alta marginalità.
Anche la narrazione fa la differenza: valorizzare la storia della ricetta e del vino utilizzato aumenta il valore percepito dal cliente e rafforza l’esperienza a tavola.
Infine, il brasato può diventare un’opportunità oltre la sala: la versione sfilacciata e confezionata sottovuoto è perfetta per l’asporto o per creare un prodotto aggiuntivo da proporre ai clienti più affezionati.
Il brasato è un piatto tradizionale che può diventare laboratorio di creatività per chef e ristoratori. Lento, profumato, ricco di storia, ma capace di rinnovarsi ogni volta che incontra un ingrediente di stagione o una tecnica moderna. In autunno, quando i clienti cercano piatti avvolgenti e di carattere, il brasato torna a essere protagonista assoluto.