Sono oramai anni che, lavorando nel mondo della ristorazione, mi trovo a gestire menu o listini prezzi, formando pastai che vendono ai ristoratori e ristoratori che vendono ai propri clienti.
E sono anni che continuo a dire: non chiamateli semplicemente Ravioli di ricotta.
Se il Raviolo di ricotta e spinaci è caratterizzato da almeno tre grandi “famiglie” di appartenenza, il toscano maremmano, il piacentino Torteo cu la cua ed il Pansoto ligure, con il Raviolo di Ricotta la stirpe genealogica si allarga ed ognuno ha una sua storia da raccontare.
Nel periodo Pasquale appena passato se ci troviamo nelle Marche non potremo non trovare e gustare il Cargiù marchigiano, tipico raviolo locale di forma a mezzaluna grande o rettangolare, ripieno di ottima ricotta di pecora, che nella zona dell’entroterra maceratese con i pascoli primaverili ha la sua migliore espressione in termini di sapore. Accompagnato con una salsa di pomodoro od un robusto ragù di carne sicuramente rappresentano un fantastico primo esempio di Raviolo di ricotta, che trova la sua celebrazione in una sagra apposita nella zona di Treia. Se è vero, come sempre, che una ricetta ha poi le sue varianti, anche qui siamo di fronte alla stessa regola per cui a seconda di dove ci troviamo avremo maggiorana oppure un poco di spinaci nel ripieno.
Esiste una versione dolce, con ricotta, zucchero e liquore, da fare al forno o fritti, che prendono il nome di calcioni.
Se adesso ci spostiamo in Irpinia, o meglio ad Ariano Irpino, comune a cavallo fra Campania e Puglia, troveremo i Cavaiuoli dell’Irpinia, ravioli tondeggianti coppati con un bicchiere ripieni di, indovinate un poco !!!, ricotta di pecora uova e prezzemolo, naturalmente sempre serviti con un buon sugo di pomodoro.
Varianti? Certamente, alla ricotta di pecora viene aggiunto caciocavallo, pecorino e se siete a Quaglietta zenzifero, ovvero la mentuccia quagliettana, che con le sue qualità aromatiche, diaforetiche, espettoranti, febrifughe e stomachiche la distingono dalla classica menta fresca. I ravioli con lo zenzifero sono PAT DELLA Regione Campania.
Se ci spostiamo in Basilicata troviamo i Cauzun o Cauzunciedd, ravioli di ricotta di pecora, neppure a dirlo, pecorino e prezzemolo. Prendono il nome da calzone, ad indicare un ripieno racchiuso tra due lembi di sfoglia.
Andiamo adesso sull’Isola di Pantelleria e parliamo dei Ravioli Amari, nome nato per non essere confusi con la versione dolce. Mezzelune di dimensione importante farcite di…ricotta e menta, sono da condire con un sugo di maiale alla pantesca dove alloro e cannella sono gli ingredienti caratterizzanti oppure con olio extra vergine di oliva ed una granella di mandorle lievemente tostate.
Cambiamo isola e ci spostiamo a Capri dove troviamo i Ravioli Capresi che si differenziano immediatamente dagli altri ravioli italiani dalla pasta: un semplice contenitore preparato con farina, acqua e poco olio extravergine di oliva, senza uova. Il ripieno prevede formaggi, ma al posto della classica ricotta qui abbiamo la caciotta di Sorrento, uova, parmigiano e maggiorana. Sono da condire con la più classica delle salse di pomodoro e basilico fresco.
Se saliamo al confine tra Marche e Romagna troviamo i Ravioli di San Leo, incantevole borgo che ha dato il nome a questi ravioli a forma di mezzaluna o di tortello con un ripieno sempre di ricotta, pecorino e, udite udite (!), pochi spinaci saltati nel burro, Da condire con un corposo ragù di manzo e maiale.
Sempre più a Nord troviamo gli Schlutzkrapfen, conosciuti anche come roffioi o rofioi. Il nome tradisce l’origine altoatesina del piatto, più precisamente la Val Pusteria. Caratteristici per la sfoglia che ha come ingrediente una parte di farina di segale, tipica del territorio, erba cipollina che aromatizza il ripieno composto da ricotta, noce moscata ed anche qui pochi spinaci lessati tagliati grossolanamente. Serviti con burro fuso ed erba cipollina, hanno varianti estive ed invernali a seconda degli ingredienti disponibili e si dice che la ricetta sia stata ispirata dai Calisons trentini, dolci a base di pasta di mandorle con un involucro di ostia, oppure dai pasticcetti, ravioli cotti al forno e serviti in brodo.
Vorrei terminare questa lista con i Cruxionis de arrascottu, i ravioli sardi. Nel Campidano questa ricetta viene tramandata da generazioni ed ha sicuramente un suo fascino negli ingredienti utilizzati, dalla ricotta di pecora allo zafferano, alla buccia di limone e al pizzico di zucchero finale. Di dimensione quadrata ben grande vengono serviti con un buon sugo di pomodoro e conditi “a strati”. Piccolo aneddoto. Con il termine Culurgiones in Sardegna si indicano i ravioli in generale, quindi anche quelli di ricotta, e non solo quelli ogliastini o campidanesi con chiusura a spighetta e ripieno di patate e menta.
Da oggi quindi, cari ristoratori e pastai che mi leggete, non indicate nei vostri menù o listini un generico raviolo di ricotta ma dategli un nome ed un cognome in funzione della ricetta e degli ingredienti utilizzati. Sicuramente questo momento formativo vi verrà ricompensato da una clientela attenta e avida di cultura gastronomica.