Piergiorgio Giorilli racconta il Pane dei Gonzaga

Piergiorgio Giorilli

Piergiorgio Giorilli

La città di Mantova porta inevitabilmente alla mente la storia delle grandi casate che hanno dominato il suo territorio per secoli. Città antichissima, che affonda le sue origini nell’età etrusca, Mantova raggiunse il suo splendore in età comunale, soprattutto durante la lunga dominazione della Signoria dei Gonzaga (1328-1707): simbolo della Signoria è il Palazzo Ducale, una delle più estese ed elaborate regge d’Italia.

La storia e la tradizione del pane

Gli itinerari turistici che la provincia offre sono vari e possono abbinare all’elemento artistico quello naturalistico e, perché no, quello enogastronomico. Il territorio Mantovano è infatti ricchissimo di prodotti agricoli pregiati, di origine sia vegetale che animale, molti dei quali attualmente tutelati e valorizzati mediante marchio D.O.C., D.O.P. o I.G.P..

Numerosi sono inoltre i prodotti agroalimentari mantovani come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, i Ciccioli, le Greppole, la Luganega e così via, realizzati con metodi artigianali da almeno 25 anni. Anche il Pane Mantovano ha un’antica tradizione e comprende diverse tipologie che variano soprattutto per la loro forma. Esso viene prodotto con farina di grano tenero, acqua, lievito naturale e sale. L’impasto ottenuto, di consistenza dura, dopo aver lievitato, viene tagliato in pezzi il cui peso può variare dagli 80 grammi fino ai 500 grammi.

Pane dei Gonzaga

Il Pane dei Gonzaga

I pani tradizionali mantovani appartengono alla tradizione dei pani a pasta dura, tipici della pianura padana, ottenuti mantenendo un basso tasso di umidità nell’impasto. Uno dei più antichi pani tradizionali di questo territorio è il “Baule Mantovano”. Assume una forma tonda, di dimensioni varie, con tagli e rigature centrali che fanno fuoriuscire una cresta.

Il Baule Mantovano viene prodotto formando, dopo la lievitazione, dei panini di circa 2 etti l’uno, che dopo un’ora di riposo si cuociono in forno. La sua variante rimpicciolita è il “Bauletto”. Altra variante del Baule è la “Ricciolona”, condita con olio e strutto, perciò secca e croccante. La cui forma è simile a quella della coppietta ferrarese. La Ricciolona viene realizzata a mano arrotolando su se stessi due filoncini di pasta fino a formare un fiocco, come un boccolo o ricciolo, da cui deriva il nome.
 
Nel mantovano si trovano due varianti del cornetto ferrarese: la “Chisolina” e il “Luvadel”.
La “Chisolina”, o “Schiacciatina”, è una sottile sfoglia quadrata di pane condito, ottenuta impastando farina di grano tenero, acqua, sale e strutto. Oggi viene usata per colazioni e merende. Un tempo rappresentava l’alimento per eccellenza dei contadini, che la consumavano al posto del pane durante i lavori in campagna. Altra variante del cornetto ferrarese è poi il “Luvadel”. È una specie di pane-sfoglia, fatto con impasto di farina non lievitato, lavorato con lo strutto. Ottimo per accompagnarsi al culatello del viadanese, così come il “Pinsin”, una sorta di cracker casalingo, ottimo accostamento per salumi e scaglie di grana.

Il Pane Mantovano

Con il termine “Mantovane” si identificano invece delle focaccine più spesse, fatte con strutto, farina e sale, senza lievito, a volte aromatizzate con l’origano, rosmarino o salvia. Le Mantovane sono spesso arricchite con parti di suino (i ciccioli), con erbe aromatiche o con cipolle, e in quest’ultimo caso prendono il nome di “Tirot di Felonica”. Il Tiròt è una specialità della gastronomia locale, frutto della tradizione contadina.

Pane dei Gonzaga

È caratteristico di quella parte del territorio mantovano, distesa a ridosso del Po ed incuneata tra l’Emilia Romagna ed il Veneto. Si hanno sue notizie documentate che risalgono fino al 1827. Quando Francesco Cherubini diede alle stampe il vocabolario mantovano-italiano. Nella definizione della parola Tiròt erano menzionati gli stessi ingredienti che compaiono oggi nella ricetta del Tiròt.
 
L’origine del nome di questo prodotto tipico, sarebbe da riferire ad una fase della sua lavorazione manuale. Ossia quella in cui l’impasto, tenero e colloso, viene “tirato” o steso dentro la teglia, prima della cottura. Fino a qualche anno fa era una gradevole consuetudine, per i braccianti agricoli, gustare questo alimento nei campi, al termine della raccolta delle cipolle, in un momento di festa collettiva.
 
L’ingrediente principale dell’impasto del Tiròt è infatti la cipolla, attentamente selezionata, alla quale si uniscono farina di frumento, olio extravergine di oliva, strutto, sale, lievito ed acqua. Dopo averlo versato sulla teglia, si attende la lievitazione prima di cuocerlo in forno. Alla vista si presenta sottile, al palato, gustoso e stuzzicante.
Oggi il Tiròt è apprezzato ed assaporato da chi sa riconoscere antiche origini ed antichi richiami.
 
Scopri la rubrica “Pani nella ristorazione: la Ciriola Romana


Potrebbero interessarti anche