Grande pulizia, bellezza, esaltazione di un vino inimitabile: il Barolo

Difficile, quasi impossibile sintetizzare la grandiosità e la ricchezza di valore enoico evidenziata dalla degustazione delle anteprime di Barolo (e ovviamente Barbaresco) che ho il piacere di svolgere ad ogni nuova annata. Un fenomeno di enorme spessore vitivinicolo quello sviluppato, a partire soprattutto dagli anni ’70, nelle Langhe, (che, sia bene inteso, è l’attualizzazione di una vocazione territoriale lunga centinaia di anni) capace, insieme alle aree della Toscana afferenti al Chianti Classico e ovviamente alla ‘collina’ di Montalcino, in unione a tipologie di vasta affermazione, pensate anche per ‘solleticare’ l’attenzione del pubblico internazionale (sto ovviamente parlando dei cosiddetti Supertuscan), di sospingere la nostra viticoltura nell’olimpo dei produttori di riferimento a livello mondiale.

barolo

Cosa ha determinato questo tutto sommato rapida affermazione del Barolo?

Dovessi riassumerlo in una parola, sarebbe il terroir, che per quanto francesismo intraducibile, è in realtà termine perfettamente calzante ai nostri scopi.

La combinazione perfetta, infatti, di un vitigno tutto sommato misterico, che segna tuttavia in maniera così decisiva la storia di diverse aree del Nord Italia. Ovverosia il Nebbiolo. Il quale, non lo dimentichiamo, sotto le diverse forme di Barolo, Barbaresco, Nebbiolo, Carema, Ghemme, Roero, Gattinara, Valtellina Superiore e Sfursat dimostra oltretutto una impressionante flessibilità espressiva. La stessa genesi semantica sembra profondamente connessa ai luoghi della sua affermazione, coltivato in un’area dove sono compendiate una varietà incredibilmente ampiezza di suoli, esposizioni e microclimi, unita ovviamente alla mano artigianale di grande competenza sviluppata nel corso degli anni, ha fatto in modo che si possa pensare al vino langarolo come un unicum irriproducibile.

Sensazioni, ovviamente, riproposte ad ogni nuova release, per una tipologia che sembra avere sempre più fortemente trovato, dopo i primordi degli anni ’70 e gli aggiustamenti degli anni ’80 e ’90, dall’inizio del secondo millennio in poi la propria moderna incarnazione.

Un piacere rarissimo per un vitigno che è davvero difficile non amare, per il suo essere, pur con tutte le sfumature filologiche che intercorrono, sempre più fortemente, man mano che il lavoro delle cantine si va raffinando, tra le varie MGA, insieme elegante e potente, fruttato senza ammiccamenti e sapido-salmastro, con tannini sempre meno spigolosi, non soltanto per andare incontro ad un gusto moderno, ché affermarlo sarebbe svilire il lodevole ed omogeneo lavoro svolto a diversi livelli sul manufatto finito, ma ad un’idea identitaria di tipologia che ora, con eccellenti risultati a livello di qualità media, è possibile ritrovare, magicamente, in bottiglia.

Proprio riguardo agli assaggi delle anteprime, posso concludere che la 2018 si è rivelata un’annata di grande pulizia, bella esaltazione del frutto, in termini di eleganza, tensione e profondità. Un’annata di grande impatto fin da subito, ma allo stesso tempo la croccantezza della materia prima, in unione con la tessitura finissima della trama tannica fanno presupporre che si tratti di un’annata dalla grandissima bevibilità e dalle notevolissime potenzialità di invecchiamento.

Gli assaggi di Luca Gardini

Giovanni Rosso Barolo Docg Ester Canale Particella 251p Dell’antica Vigna Rionda

Un Barolo espressione apicale del terroir di Serralunga, porzione di piante di oltre 70 anni capaci di raccontare una storia unica e di grandissima fascinazione. Lamponi in confettura, al naso, tocchi di gardenia, belle sfumature balsamiche sul finale. Beva con tannini salmastro-salati, ritorno fruttato-balsamico, persistenza lunghissima.

G.B. Burlotto Barolo Docg Monvigliero 2018

Indubbiamente il cru più ambito di Verduno, nella zona più occidentale della DOCG, terreni composti dalle rinomate Marne di Sant’Agata fossili. Naso di enorme ricchezza, mirtillo rosso, sfumature balsamiche, liquerizia. Palato di croccantezza e tensione, con tannini salmastri, incredibile persistenza.

F.Lli Alessandria Barolo Docg Monvigliero 2018

Quasi un ettaro e mezzo di vigna, collocati nel cru più prestigioso di Verduno, piante di 45 anni, allevate tra i 250 e i 310 metri slm. Naso di mora di gelso rossa, tocchi di incenso, alloro, una bella traccia floreale, di gardenia in chiusura. Bocca con tannini iodati, finale di persistenza e di magnetico equilibrio.

Azelia Barolo Docg San Rocco 2018

Da piante di 65 anni, un vino di grande potenza ma anche succosità e tipicità varietale, un vero monumento al terroir di Serralunga. Ribes nero al naso, sferzate di eucalipto, poi sfumature di rabarbaro. Palato di densità e tensione, con tannini sapidi e finale con ritorno balsamico e lunghissima persistenza.

Elvio Cogno Barolo DOCG Ravera 2018

Dal rinomato cru di Novello, con esposizione sud, un Barolo strepitoso, proveniente da una delle casate storiche della tipologia. Naso con note di pesca gialla e caco, poi officinale di alloro, chiuso da sfumature di pepe bianco. Palato con sensazioni di arancia rossa e melagrana, molto salino e nitido, con ritorno della frutta gialla.

Roberto Voerzio Barolo Docg Cerequio 2018

Una delle bottiglie-simbolo della cantina e in generale delle Langhe, un monumento al territorio di La Morra da un cru mitologico. Grande pulizia di fattura: naso di ribes rosso, con tocchi di peonia, alloro e anice stellato. La bocca ha densità, eleganza e tensione, con tannini salmastri e grande persistenza.

 


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