La burrata: formaggio da leggenda

Angelo Frosio

Angelo Frosio

Origine e diffusione
Per me che sono un tecnico caseario, l’aura di leggenda che circonda la burrata è legata all’origine di questo formaggio: un tempo, quando avanzavano pezzi di cagliata, venivano tagliuzzati e inseriti all’interno di una pasta che veniva filata e chiusa con acqua molto calda o addirittura panna. Alla fine si chiudeva esternamente il tutto con dei legacci particolari o semplicemente con delle erbe.
 
Un tempo tutti i formaggi si producevano da latti crudi, nel caso della burrata spesso provenienti da vacche di razza podolica: la pastorizzazione infatti fino a solo cent’anni fa non era diffusa e quindi le cagliate del giorno prima rimanevano molto acide. Per economizzare e sfruttare al meglio le scarse risorse alimentari disponibili niente veniva buttato, ma tutto era riutilizzato e trasformato. Per via di questa sua peculiare origine, la burrata si distingue dalle altre paste filate per essere molto più grassa, sia per il contenuto di grasso nella pasta iniziale, sia per l’aggiunta di panna durante la filatura.
La parola burrata sta ad indicare un formaggio molto grasso, prodotto nel sud Italia, in particolar modo nel territorio pugliese, sia con latte di bufala sia con latte di bovine di razza podolica; oggi viene prodotto un po’ ovunque con latte di vacche di razza frisona.
 
Pur non avendo ancora ottenuto il riconoscimento del marchio comunitario IGP questo formaggio è iscritto nel registro dei prodotti tradizionali della Puglia: è infatti ritenuto il frutto sapiente dell’arte casearia pugliese.
 
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Caratteristiche produttive
Attualmente la burrata si produce con latte intero di vacca pastorizzato e portato alla temperatura di 35°C circa. Viene acidificato con aggiunta di fermenti lattici selezionati e coagulato con cagli naturali di vitello o agnello o anche con cagli vegetali. Ottenuta una coagulazione forte, si procede alla rottura, fino a rendere i grani di cagliata della dimensione di una nocciola, e successivamente tutta la massa viene riscaldata a 38-39° C. Quando il tecnico casaro ritiene la cagliata sufficientemente legata, questa viene estratta dalla caldaia e depositata su dei tavoli o in grossi contenitori e lasciata acidificare per due-tre ore per la successiva filatura che avverrà in acqua bollente, in alcuni casi leggermente salata.
 
Per ottenere la forma tipica della burrata si parte da un foglio di pasta filata spesso circa un centimetro che viene modellato e sagomato a mo’ di sacchetto riempito con una miscela di pasta sfilacciata amalgamata alla panna preparata precedentemente. Dopo aver richiuso su se stesso il sacchetto con il suo contenuto e modellata l’imboccatura, la forma viene immediatamente sigillata con acqua bollente o legata al collo con dei legacci, in alcuni casi si usano ancora foglie di asfodelo come in passato. Successivamente questi formaggi vengono raffreddati in acqua e immersi in salamoia per due-tre ore in base alla pezzatura o all’eventuale salatura o meno dell’acqua di filatura.
 
A seconda della pezzatura che si vuole ottenere, che può variare da 150 a 600 grammi circa, la burrata viene confezionata con un caratteristico pre-incarto e successivamente inserita in sacchetti di materiale plastico per alimenti legati all’apice. In alcuni casi la burrata si confeziona in vaschette contenenti un liquido speciale di governo.
Il prodotto deve essere conservato alla temperatura di 4-6°C per un tempo massimo di 8-10 giorni dalla produzione. Per apprezzarne appieno le sue caratteristiche è preferibile consumarla comunque entro due-tre giorni. Al momento del consumo la pasta della burrata si presenta all’esterno di colore bianco-crema con una pelle liscia e lucente e internamente di un bianco candido. Il sapore pannoso caratteristico dei latticini freschi tende all’acidulo con il procedere della conservazione per la presenza anche dei fermenti lattici utilizzati nella tecnologia di preparazione. E’ un prodotto, come già detto grasso, infatti il suo contenuto sul secco supera il 50% con una umidità del 60-65%.
La sua utilizzazione in cucina è molto varia dalle insalate alle paste fredde, l’abbinamento classico è con pomodori rossi, pane ciabatta e vini bianchi o birre chiare.