Le 49 (gustose) ricette di Giacomo Leopardi

Quando pensiamo a Giacomo Leopardi pensiamo al sommo poeta, filosofo, scrittore, filologo e glottologo, spesso incompreso ancora oggi. La cosa sconosciuta ai più è che Giacomo Leopardi era anche molto goloso e appassionato di cucina quasi quanto della poesia. Oggi ricorrono i 225 anni dalla sua nascita e noi lo ricordiamo non solo come poeta e scrittore, ma anche come un amante del buon cibo.

Dai primi ai dolci: le 49 ricette raccolte da Leopardi

Leopardi ha lasciato ai posteri numerose opere letterarie ma non solo. Il poeta, infatti, ha steso un elenco di quarantanove ricette, scritta nel periodo trascorso a Napoli.

È il 1833 quando, con l’amico Antonio Ranieri, si traferisce tra Napoli, Capodimonte e Torre del Greco. A causa della vita sregolata di quel periodo, gli viene servita la colazione al pomeriggio e il pranzo la sera tra le dieci e mezzanotte. Tutti sappiamo della sua salute cagionevole, ma nonostante questo Giacomo Leopardi non ascoltava i medici.  

Così al divieto di mangiare carne, il sommo poeta decide di “perire di pesci e di vegetali”; all’obbligo di una dieta grassa, abbandona pesce e verdure per abbuffarsi di lessi e brodi densi. Così, nella bella Napoli, nasce la lista dei piatti preferiti di Giacomo Leopardi, dai primi ai dolci.

Giacomo Leopardi

Mangiare bene per sentirsi bene e godersi la vita

Il malloppo di fogli ingialliti sono custoditi nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Domenico Pasquariello e Antonio Tubelli si sono basati proprio su questi scritti per pubblicare il libroLeopardi a Tavola“.

Così Giacomo Leopardi unisce i gusto alla sua scrittura, non mancando di evidenziare particolari, ingredienti, dosi e procedimenti. Un vero e proprio ricettario che testimonia una cucina che ancora oggi è protagonista della nostra cultura. La sua idea è quella di mangiare per stare bene. Mangiare per assaporare l’armonia tra il piatto e l’ambiente circostante. 

La lista dei piatti preferiti di Giacomo Leopardi

E allora spazio alla fame e a tortellini di magro, maccheroni, tagliolini, cervelli fritti, al burro in cibreo, capellini al burro, bodin di capellini, bodin di latte…
Come dimenticare riso al burro, frittelle di borragine, bignè di patate, budini di ricotta e il gelato al miele che tanto adorava.

Questo ricettario ci racconta l’uomo che sta dietro l’artista. Ed è anche una vera immagine di com’era Napoli e la ristorazione nel XVIII secolo, dei piatti e dei prodotti consumati tra i personaggi facoltosi. Antonio Ranieri raccontò che il giorno in cui morì Giacomo Leopardi, la sorella lo stesse obbligando a mangiare un brodo per contrastare i due cartocci di confetti di Sulmona che Giacomo si era divorato. Lui, naturalmente, rifiutò il brodo pretendendo “una limonea gelata che qui chiamano granita, sorbita con la consueta avidità”.


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