Oscar Farinetti, il gusto dell’innovazione nella tradizione Italiana

Intervistare Oscar Farinetti, imprenditore e fondatore di Eataly, è un’opportunità unica per esplorare l’intersezione tra il Made in Italy, la cultura del cibo italiano, la cucina e l’innovazione tecnologica nel settore della ristorazione. Oscar Farinetti, visionario nel promuovere la valorizzazione dei prodotti italiani di alta qualità, offre un’insight prezioso su come la tradizione culinaria italiana si sposa con le moderne tecnologie.

A distanza di dieci anni dalla nostra prima intervista, ecco come è cambiato il mondo della ristorazione dal punto di vista di Oscar Farinetti.

Oscar Farinetti

Passione per l’alimentare e la ristorazione: le origini di Eataly

Come ha sviluppato la passione per il settore alimentare e la ristorazione, e quali sono state le influenze iniziali per dare avvio al progetto Eataly?

Ho avuto la fortuna di nascere ad Alba, dove c’è una enogastronomia molto importante e di tradizione. La seconda fortuna è di essere stato nel movimento Slowfood e aver approfondito anche le altre tematiche del cibo – non solo quelle del godimento del mangiare – ma aver imparato a studiare la filiera: agricoltura, trasformazione, cucina, piatto.

La mia la regione è molto agricola, anche questo mi ha formato, oltre al fatto che la mia famiglia si è sempre occupata di cibo: mio padre aveva un pastificio e dove c’era cibo c’ero anche io.  Ho passato 15 anni nel campo dell’elettronica fondando Unieuro, finché non ho sentito il richiamo delle radici e del mondo food: ho fatto un’analisi, ho capito che c’era un grande spazio per celebrare i cibi di alta qualità nel mondo e anche l’Italia, quindi ho dato avvio al progetto Eataly.

Eataly

 Secondo Oscar Farinetti, la cucina italiana è tra le più potenti

Quali valori ritiene fondamentali nel promuovere la gastronomia italiana?

Diciamo che negli ultimi quindici anni è cambiato tutto. Nel nostro piccolo abbiamo dato un grande esempio che oggi la cucina italiana è tra le più potenti al mondo.

Quello che dobbiamo fare è essere convinti che il nostro modello di cibo da raccontare al mondo è un modello prima di tutto sano, biologico, che segue la filiera, senza stabbi chimici affinché la fase di trasformazione sia più naturale possibile. In cucina occorre interpretare rigorosamente i dettami della gastronomia italiana: semplicità, cucina di mercato, rispetto delle tradizioni e delle grandissime ricette regionali delle nostre nonne… magari con un po’ di innovazione? Sì, ma misurata e sempre in armonia con la storia.

Se rispettiamo questi parametri, avremo ancora più successo nel  mondo.

gastronomia italiana

Questo cambiamento nel vivere il cibo, vedere il cibo, di averlo saputo elevare è stata un’esigenza della ristorazione o dei consumatori?

Diciamo entrambi. La ristorazione deve saper accogliere le esigenze dei consumatori. I consumatori italiani, ma soprattutto quelli mondiali, chiedono la tipica cucina italiana e non piatti italiani finti che non c’entrano niente con noi. Però ho la certezza che la ristorazione italiana si sia evoluta in maniera la eccezionale e attenta.

Da un lato i nostri cuochi stellati si sono imposti a livello mondiale con una cucina innovativa, ma anche molto vicina al rispetto delle tradizioni. Dall’altro lato, in Italia abbiamo mantenuto un fenomeno abbastanza unico in Europa, ovvero la catena delle osterie vere del territorio. La rete delle osterie è stupefacente e porta avanti un lavoro enorme di rispetto del territorio e di ricerca delle materie prime.

Oscar Farinetti Oscar Farinetti, tecnologia e ristorazione? Un connubio di successo

A dieci anni dalla nostra ultima intervista, la tecnologia ha fatto passi da gigante: che impatto ha avuto sulla ristorazione, dal suo punto di vista?

Un impatto altissimo già dall’inizio della filiera: infatti, un piatto è figlio della filiera. Chi parla solo di cucina, senza occuparsi di agricoltura, non ha capito niente e non riuscirà mai ad interpretarla.

Intanto, le nuove tecnologie hanno avuto un’influenza fortissima sull’agricoltura, aiutando i coltivatori a lavorare meglio e in modo più pulito. In cucina ci sono sempre più macchinari che consentono controlli delle temperature, selezione delle materie prime, una straordinaria conservazione dei cibi… e quindi evviva la tecnologia! Il segreto è avere la capacità di abbinare le nuove tecnologie alle antiche tradizioni: le due cose viaggiano insieme. Le tradizioni si evolvono e la tecnologia è un supporto in questo processo.

La tecnologia diventa controproducente se usata male e non sfruttata per migliorare i processi e perfezionare le performance. Io sono per una nuova forma di umanesimo, dove la società è aiutata dalla tecnologia per arricchire le proprie prestazioni.

Sfide e opportunità della ristorazione italiana all’estero

Quali sfide e opportunità ha incontrato la ristorazione italiana all’estero nel promuovere la sua naturalezza e tradizione?

La prima sfida è alzarsi dalla sedia e andare all’estero. Dobbiamo farlo sia come distribuzione che come ristorazione. Però dobbiamo andarci con la vera cucina italiana “del rispetto”. Quando vai all’estero, devi avere molto riguardo dei prodotti di quelle nazioni: non bisogna assolutamente snobbarli, perché ci sono prodotti straordinari in ogni area. Non c’è niente di male ad usare materie prime di quel territorio.

Per esempio, realizzare una grande mozzarella con del latte di Bufala che puoi trovare in America è strepitoso, fare la pasta con farine che trovi in tutto il mondo con grani che sono eccezionali, usare frutta, verdura, pesci, carne locale è una cosa straordinaria. Ma il segreto è il savoir-faire, che deve essere quello veramente italiano. Dobbiamo presentare dei menù corti, prima di tutto: il timbro della cucina italiana non si può esprimere con dei menù troppo lunghi e poco rappresentativi dell’Italia.

cucina italiana oscar farinetti

Vorrei addirittura esagerare: menù peculiari della regione da cui proviene il cuoco. Personalmente adoro i ristoranti italiani all’estero che hanno una identità fortemente regionale, come quelli siciliani o napoletani. Significa andare nel mondo a raccontare la nostra diversità e presentare una offerta regionale di altissimo livello.

Valorizzare il marchio Made in Italy e la sua autenticità, secondo Oscar Farinetti è possibile

Cosa si potrebbe fare oggi per valorizzare il marchio Made in Italy e la sua autenticità?

A livello politico bisogna organizzare un progetto di informazione sui prodotti della cucina italiana, procedendo con determinazione nel mercato mondiale per far sentire la propria voce e portare questo tipo di narrazione. Noi siamo molto imitati, abbiamo un problema di Italian Sounding. Anzi, per me non è un problema, è quasi una medaglia: perché siamo imitati? Perché siamo bravi.

made in italy oscar farinetti

Se vogliamo spiegare la differenza fra un Parmesan e un Parmigiano Reggiano, la differenza fra un vero olio extravergine d’oliva italiano e un’imitazione, la differenza fra un vino italiano e uno imitato, dobbiamo affacciarci al mondo per raccontarlo, anziché organizzare convegni in Italia dove ci lamentiamo dell’Italian Sounding. Il segreto della narrazione è viaggiare come Stato, come Ministeri, come Enti dedicati a questo. Viaggiare insieme ai cuochi e ai distributori italiani nel mondo e operare nelle comunità locali all’estero dove ci si può muovere insieme.

Nuove frontiere alimentari: cibi sintetici e tradizioni mondiali

Poi ci sono i “new food” e i cosiddetti “cibi sintetici”, argomenti molti discussi e divisori. Lei come si pone a riguardo?

I cibi sintetici, secondo me, non è il momento di portarli sulla nostra tavola perché non ne abbiamo bisogno: siamo molto forti sui nostri prodotti naturali e non è il caso di fare questo passo ora. Da un lato dobbiamo ricordarci che in Italia, in questo momento, ci sono 6 milioni di bovini, 13 milioni di maiali e 500 milioni di polli allevati in maniera intensiva e dobbiamo smetterla di alimentare questo sistema. Dobbiamo tornare ad unallevamento e una coltivazione sani che hanno rispetto per gli animali e per i vegetali.

Tutta via, non fermerei la ricerca, perché chi lo sa che un domani questo tipo di progetto non possa soddisfare popoli dove la carne “naturale” non riesce a arrivare.

carne sintetica

Per quanto riguarda invece i prodotti di altre tradizioni mondiali, come gli insetti, io non li fermerei proprio: ogni tradizione va rispettata. Durante i miei viaggi ho mangiato ogni tipo di insetto in ogni parte del mondo, ma li mangio nel territorio dove li propongono e sono un cibo tradizionale. Qui in Italia posso anche farlo se mi va, ma non trovo sia il caso. Tuttavia, sono assolutamente contrario a vietare il consumo di questi prodotti, perché stiamo sempre parlando di prodotti naturali.

Oscar Farinetti parla della crisi del personale

Ristorazione e turismo stanno soffrendo il peso della mancanza di personale: perché sta succedendo questo? Quale potrebbe essere una strategia vincente per invertire la rotta?

Ci vuole sempre grande rispetto per le persone, soprattutto nel promuoverci: se manca il rispetto per la persona, manca il rispetto per il prodotto. Le due cose viaggiano insieme. Soltanto una persona che lavora in armonia e che sa raccontare bene la tradizione italiana può avere successo.

Un primo passo per cambiare la rotta è l’educazione: ogni paese ha il dovere di puntare sulle proprie vocazioni e la cucina è la nostra vocazione straordinaria.

Poi, analizziamo il fatto che le scuole alberghiere italiane sono piene: è diventata una moda stare dietro ai fornelli grazie ai tanti programmi tv dedicati alla cucina, ma dopo lo studio non si concretizza il lavoro: perché? Si parla di fin troppo di cibo e incredibilmente noi siamo ignoranti. Meno del 35% degli italiani conosce la differenza fra grano tenero e grano duro ed è incredibile! La nostra cucina è basata su quello.

Bisogna quindi partire dalle origini, invogliando a studiare ed è un problema che non si manifesta solo nella ristorazione. Bisogna creare un clima generale di maggior propensione allo studio e all’informazione.

Riflessioni di Leonardo Da Vinci nel libro di Oscar Farinetti

«10 mosse per affrontare il futuro» è il titolo del suo ultimo libro in cui il suo interlocutore ideale è Leonardo Da Vinci. Immaginiamo per un momento che lui oggi sia con noi…

Leonardo direbbe cose fantastiche perché se ne intendeva molto di cucina: non tutti sanno che è stato il più grande gastronomo dei suoi tempi. Lui ha scritto il manifesto del cibo sano e della salute, è stato un grande cuoco che ha aperto un ristorante, “L’Osteria delle Tre Rane”: in cucina c’era Leonardo e in sala c’era Botticelli.

Leonardo Da Vinci ha rivoluzionato la cucina fiorentina dell’epoca, introducendo il concetto dell’igiene con le forchette e i tovaglioli. Lui era vegetariano: cucinava piatti vegetariani a cui dava nomi legati alla carne… e infatti il suo ristorante è fallito dopo sei mesi perché i fiorentini non capivano questa sua meraviglia. Se Da Vinci fosse con noi oggi, sarebbe stupito dai grandi passi avanti che abbiamo fatto noi italiani rispetto ai suoi tempi. All’epoca non eravamo una grande cucina mondiale. Fino al 1700/1800 i giovani rampolli delle famiglie ricche che venivano in Italia erano molto contenti per le meraviglie artistiche che avrebbero visto, ma disperati per il cibo.

La cucina buona era quella francese. Leonardo vedrebbe i grandi risultati che abbiamo ottenuto e ci farebbe i complimenti; al contempo, si lamenterebbe molto del 60% della ristorazione italiana che non èall’altezza delle nostre potenzialità e per la cucina turistica, dove il personale sta alla porta ad accogliere i turisti internazionali solo per fare business (e non offrire piatti di qualità). Inizierebbe ad informarsi immediatamente e andrebbe a cercare le vere osterie del territorio, i ristoranti stellati e quelli che offrono una cucina caratteristica e di qualità… e alla fine sarebbe contento.


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