Piccola guida al franchising: occasione o trappola?

Emiliano Citi

Emiliano Citi

Negli ultimi anni si fa un gran parlare del franchising nel settore della ristorazione. Il concetto del franchising nasce negli Stati Uniti nel secolo scorso e vede il suo boom nel settore ristorativo a cavallo del millennio, per poi, almeno negli States, sgonfiarsi a favore della riscoperta delle piccole aziende, ma senza mai perdere del tutto la sua spinta propulsiva.

Un fenomeno frequente

Da noi, come dicevo, se ne parla spesso e oggi spuntano come funghi aziende che promettono soldi facili a ignari ristoratori con il franchising, spesso a sproposito. Colpa e merito di pochissime aziende italiane che hanno lavorato benissimo negli ultimi dieci/quindici anni e che adesso possono godere dei frutti del loro lavoro.

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E il punto focale del mio ragionamento è proprio questo: si contano sulle dita di una mano le aziende ristorative italiane che possono davvero assicurare un franchising di successo, quello che permette di avere la fila fuori all’inaugurazione senza che l’imprenditore debba alzare un dito. Infatti i numeri del mercato italiano ci dicono proprio questo: quello delle catene è sì un settore in crescita, ma comunque minoritario e non dominante.

Franchising: sì o no?

franchisingQuindi, come consiglio a tutti i miei clienti quando mi chiedono se dovrebbero diventare un franchising, prima di anche solo pensare a un passo del genere, l’imprenditore dovrebbe porsi alcune domande fondamentali e rispondere onestamente e senza tentennamenti. Prima di tutto il ristoratore imprenditore deve avere già un punto vendita di successo. Un ristorante, bar o pizzeria che non solo stia a galla, ma che produca utili senza che l’imprenditore sia costretto a viverci dentro dodici ore al giorno.

Proprio per questo, dovrebbe aver stabilito dei processi produttivi e di lavoro che permettano al locale di non dipendere da singole persone. Perché la caratteristica fondamentale del franchising è proprio la replicabilità a dispetto del personale a disposizione.

Come iniziare e a cosa prestare attenzione

A questo punto sarebbe doveroso testare il metodo di lavoro in altri punti vendita e portare anche questi al successo. Molto facile a dirsi, più complesso nella realizzazione pratica.

A questo punto, se l’imprenditore è in grado di gestire anche l’accresciuta complessità societaria che deriva dal possedere e gestire svariati punti di vendita che producono utili, significa che si è coltivato anche il brand dell’azienda, permettendole di essere riconoscibile anche solo in un mercato localizzato e circoscritto.

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Fatto questo e fatto bene, allora è possibile prendere in considerazione l’idea di espandersi ancora tramite il franchising. Insomma, facile rimanere incantati dalle sirene dei soldi facili dell’espansione conto terzi, ma ben più difficile è far sì che sia un’operazione veramente profittevole e di ampio e durevole respiro.


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