Pizzerie d’asporto: quali sfide ci aspettano nel 2021?

Con la pandemia da Covid-19, il settore dell’asporto ha registrato un’impennata senza precedenti. Già da anni, stavamo assistendo ad una crescita costante, soprattutto all’estero. Basti pensare alla nascita e all’affermarsi di aggregatori come Just Eat o Glovoo, oggi in posizioni dominanti.

Si tratta di un fenomeno transitorio? I numeri dicono di no. E nessuno degli analisti pensa che sia destinato a ridursi come volume. Anzi, si che tenda ad aumentare indipendentemente dal Covid-19. Questo, quindi, pone davanti al ristoratore una serie di sfide importanti, soprattutto in termini di modello di business e di offerta da proporre alla clientela.
 
Il settore che ha registrato un dato considerevole rispetto l’asporto è quello della pizza. Ormai, esistono da decenni catene di pizzerie da asporto che fondano il loro business sulla consegna a domicilio: si trovano spunti interessanti ma, soprattutto, se ne possono trarre degli esempi da seguire per la propria attività.
Una delle cose importanti da comprendere è che il loro modello di business non si basa sulla diminuzione del food cost, ma sui costi invariabili e variabili come, ad esempio, quello del personale.

Dunque è fondamentale comprendere il cosiddetto quadrato dei costi, nel quale si identificano quattro aree ben definite: costi invariabili (o fissi), costi variabili, costi diretti e costi indiretti.
 In estrema sintesi, i costi diretti sono il costo puro delle materie prime che si usano. I costi indiretti sono i costi che sosteniamo per costituire i costi diretti, ad esempio i costi di trasporto. I costi invariabili (o fissi) sono quelli che non dipendono da nessuna variabile (mutui, leasing, personale a tempo Indeterminato, etc.), mentre i costi variabili sono quelli che dipendono dal tempo o dal consumo, tipo le bollette dell’energia o il personale a chiamata.
 
pizzerie d'asporto

La maggior ricerca di qualità per potersi affermare

La strategia corretta è quindi quella che mira a vendere più pezzi possibile, in quanto è quella che permette di diluire gli altri costi che pesano sulla determinazione di quanto guadagniamo in maniera più rilevante rispetto alla materia prima.

Dunque, è sbagliato se si ragiona pensando a contenere il food cost. Ciò porta, inevitabilmente, a voler risparmiare provocando così un calo della qualità del prodotto, cosa che la clientela, prima o poi, farà pagare duramente.
 
Già, perché anche se l’asporto viene percepito come “economico” dai clienti, in realtà, le leggi che lo regolano sono le stesse di tutti gli altri settori. E la prima legge è che “La qualità paga”. Ecco quindi che, in questo momento, per affermarsi è necessario ricercare ancora di più la qualità in tutto, senza dare nulla per scontato. Inoltre, è utile passare a valide strategie, come passare ad impasti indiretti che sopportano meglio il periodo di trasporto, non diventando gommosi dopo pochi minuti.
 
È necessario anche scegliere contenitori moderni – plastici o similari- che non contengano elementi tossici come il bisfenolo (che ritroviamo di solito nel cartone) e che permettano di sfogare l’umidità residua della pizza senza farla ristagnare (causa diretta del- la gommosità) così come di mantenerla calda durante il tragitto (ottimi i recenti fornetti montabili anche sui motocicli).
 
Non vanno fatti sconti, mai. Perché sminuiremmo il valore del nostro prodotto.

Infine, in questo periodo di emergenza, una buona strategia comprende avere un menù per asporto e consegna a domicilio diverso da quello della sala. Infatti, una volta che le attività riapriranno a pieno regime, si deve evitare che il cliente possa avere la convinzione di pagare una margherita quanto la pagava d’asporto o in consegna al domicilio.
Questa sarebbe una conseguenza disastrosa per le attività di ristorazione.