Storia, ricetta e leggenda dei paccheri alla genovese

Antonio Sorrentino

Antonio Sorrentino

La pasta alla genovese, insieme al ragù napoletano, piatto domenicale per eccellenza, è uno dei piatti più conosciuti della tradizione culinaria partenopea. Un vero e proprio must della tradizione nostrana! Perché un piatto tipico della grande tradizione gastronomica napoletana si chiama “genovese”?

La storia della pasta alla genovese

Le ipotesi sono diverse. La prima ci fa andare indietro nel tempo, al periodo aragonese; infatti sembrerebbe che, all’epoca, nel porto di Napoli era pieno di trattorie di cuochi genovesi. Tra le pietanze che servivano, vi era un piatto con un sugo a base di cipolla e di un pezzo di carne intero detto “o tucc”. Il piatto lo chiamavano “il genovese”.

Secondo altre fonti invece, nel XV secolo, ad inventare la pietanza fu un cuoco napoletano, chef di una delle migliori trattorie di Napoli. L’uomo era soprannominato “‘O Genovese”.
La ricetta originale è con un mix di carni di maiale e manzo, ma nella cucina moderna ci sono versioni diverse come quella con la carne di bufalo, di agnello, o le versioni di mare… di tonno, di polpo o al baccala. A proposito della pasta… perché gli ziti (o candele, se lunghi)? Gli ziti sono i maccheroni che si usavano nei matrimoni (zita vuol dire sposa).

La ricetta

Nella tradizione venivano venduti in forma lunga (candele) e poi spezzati a mano. Essenziale che i pezzettini di pasta che restano durante questa operazione finiscano in pentola perché contribuiscono ad amalgamare ulteriormente il piatto: i più golosi se lo riservano come ultimo boccone. La qualità di cipolla è fondamentale, consigliamo la cipolla ramata (in Campania quella di Montoro è rinomata per la dolcezza e l’aroma) e l’aggiunta della mela annurca, che addolcisce la preparazione e la rende più digeribile.

Storia ricetta e leggenda dei paccheri alla genovese

 

Ingredienti

 
• 300 g muscolo manzo “Gammunciello”
• 300 g punta di petto “tracchia di locena”
• 300 g muscolo di maiale “gallinella”
• qualche costina “tracchia di maiale”
• 4 kg cipolle ramate di Montoro IGP
• 500 g Paccheri di Gragnano Pastificio Afeltra
• 100 g carote
• 100 g di sedano
• 1 mela annurca
• 1 foglia di alloro
• basilico
• 250 g pomodorini del piennolo
• vino bianco qb secco abbondante
• olio extra vergine
• pecorino romano + grana qb

Difficoltà: media Preparazione: 3 ore

Procedimento

 
Sbucciate le cipolle, affettatele sottilmente e mettetele a bagno per qualche minuto.
Preparate un fondo con carota e sedano, tagliati piccoli. In una pentola capiente, possibilmente di coccio, riscaldare l’olio e soffriggere bene la carne tagliata a tocchettoni. Quando sarà ben rosolata, aggiungete il fondo, il basilico e fatelo rosolare insieme la carne. Salate e profumate con la qualche foglia di alloro. Dopo qualche minuto aggiungere le cipolle.
Mettere il coperchio e lasciare che le cipolle rilascino tutta la loro acqua. Una volta evaporata l’acqua di vegetazione, aggiungere la mela a dadini e i pomodorini a spicchio. Bagnate con il vino bianco e continuare la cottura. Ci vorranno circa 2 ore, fin quando la salsa risulterà di un bel colore bruno, denso e lucido.
Se necessario aggiungere brodo. Controllare la cottura della carne. Se necessario toglierla appena morbida.
Cuocere i paccheri in abbondante acqua salata al bollore e scolarli al dente. Versarli in una padella capiente con metà del sugo.
Saltare la pasta con una manciata di formaggio grattugiato e foglie di basilico. Servire subito guarnendo con il resto del formaggio e una macinata di pepe. Tagliare e nappare la carne con il sugo rimasto, servire tutto in centro tavola e buona convivialità.

Buon appetito!

 

 

Crediti: Michelangelo Convertino


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