Biga: l’importanza di una corretta conoscenza dei fattori che la compongono

Piergiorgio Giorilli

Piergiorgio Giorilli

Generalizzare con il termine “Biga” un preimpasto è molto diffuso ma non corretto. Un preimpasto con una quantità di acqua che varia fra il 40% e il 50% viene comunemente chiamato biga ma in effetti dovrebbe essere chiamato lievito.
 
Per non incorrere in ulteriori confusioni, è bene precisare quali sono i punti più importanti da tenere in considerazione per una corretta preparazione di una biga o lievito. Per quanto riguarda la farina è necessaria una valutazione esaminando i seguenti parametri: caratteristiche fisico-chimiche, biologiche ed enzimatiche. Le caratteristiche della farina possono essere determinate in modo piuttosto preciso indicando:
 

  • Umidità
  • Alveogramma (valori di W e P/L)
  • Proteine
  • Farinogramma (assorbimento idrico, stabilità, indice valorimetrico)
  • Glutine (umido e secco)
  • Acidità
  • Numero di caduta (Falling-number, misura dell’attività alfa-amilasica)
  • Filth-test (misura di livello d’infestazione)
  • Livelli di carica microbiologica (conta batterica totale mesofita, oviformi, salmonella, muffe e lieviti, bacilli sporigeni)
  • È tuttavia possibile eseguire ulteriori e assai più raffinate determinazioni analitiche.
     
    Il panificatore è sempre particolarmente interessato agli indici Alveografici: W e P/L. L’attenzione è diretta in particolare al fatto che il W dà un’indicazione di qual’ è la forza della farina, mentre il rapporto P/L rappresenta il grado di equilibrio tra la tenacità e l’estensibilità del glutine: 0,45/0,65. Le bighe o lieviti richiedono farine equilibrate con W compreso fra 280 e 380 e P/L 0,50/0,60.
     
    Naturalmente le bighe o lieviti preparati con farina W 280 non potranno avere le stesse ore di lievitazione di bighe o lieviti preparati con farina W 380 seguendo i medesimi parametri.
     
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    Farina e acqua (44%) vanno miscelate e non impastate in 1° velocità 3 – 4 minuti con impastatrice spirale, 4 – 5 minuti con impastatrice tuffante, 5/6 minuti con impastatrice a forcella e con una percentuale di lievito dell’1%.
     
    La temperatura, a fine miscelazione, dovrebbe aggirarsi sui 20/21° C, temperatura che troveremo dopo una permanenza di 18/24 ore in fermabiga con temperatura controllata di 18° C (temperatura ottimale per la fermentazione della biga). Questa temperatura va tenuta in considerazione anche da chi non avesse il fermabiga. Per avere una certa precisione nel calcolo della temperatura dell’acqua da utilizzare nella preparazione della biga, sarebbe utile prendere in considerazione questa piccola formula: dato un numero fisso di 55° C, toglieremo a questo la temperatura della farina e la temperatura dell’ambiente dove verrà posta a fermentare la biga. Il risultato della sottrazione sarà la temperatura dell’acqua da utilizzare.
     

    Ecco un esempio:

     
    Numero fisso: 55°C –
    Temperatura farina: 21°C –
    Temperatura ambiente: 18°C =
    ————————————–
    Temperatura acqua: 16°C
     

    La biga o lievito non è un impasto ma deve essere una miscelazione di acqua, farina e lievito in modo da non formare interamente la maglia glutinica.

     
    Con un tempo prolungato di miscelazione diventerebbe un impasto con la conseguente formazione completa della maglia glutinica che innescherà anticipatamente il processo di lievitazione, anche se utilizzeremo una quantità inferiore di lievito compresso.
     
    Non dobbiamo dimenticare che nella miscelazione va tenuta in considerazione la quantità di energia trasmessa: maggiore energia si fornirà ad una biga o lievito, questi raggiungeranno più velocemente la maturazione, riducendo di conseguenza il tempo ottimale di utilizzo. È dimostrato anche che lo 0,5% di lievito compresso addizionato ad un tempo maggiore di miscelazione (cioè con più trasmissione di energia) possono fornire una lievitazione più veloce e maggiore rispetto ad una lievitazione con l’1% di lievito compresso addizionata ad un minor tempo di miscelazione (cioè con meno trasmissione di energia).
     
    Un altro fattore importante è il Ph: sarebbe bene avere sempre una temperatura di fermentazione il più vicina possibile ai 18° C per avere un Ph sempre uguale. Il Ph infatti influenza ogni fase del processo di panificazione a causa del suo effetto sulle proteine e sugli enzimi. Il Ph è una misura della concentrazione totale, e non divisa, dell’acidità (acidità acetica – acidità lattica) rapporto 1:3. Questa acidità totale, raggiunta con temperature diverse, porterà uno squilibrio nell’acidità acetico – lattica.
     
    Con temperature più elevate, per la fermentazione della biga o lievito (per chi in estate non può avvalersi del fermabiga), è necessario intervenire in casi estremi con i seguenti accorgimenti: aggiunta dell’1% di sale; aggiunta di vitamina C (acido ascorbico/g. 15 massimo ogni kg. 100 di farina), diminuire il più possibile la temperatura dell’acqua e il tempo di miscelazione; portare il lievito allo 0,7%.
     
    La vitamina C, per i suoi effetti particolari sul glutine (rinforzanti), consente di creare una maglia glutinica più resistente alle lunghe fermentazioni e di avere una maggiore tolleranza meccanica alle sollecitazioni dei gas prodotti dalla lievitazione. Molto importante è coprire i contenitori, dove vengono collocate le bighe, con tele e non con plastica o coperchi ermetici, poiché si rallenterà lo sviluppo dei lieviti (che si moltiplicano alle condizioni aerobiche, cioè in presenza di ossigeno) rischiando di avere una biga con eccessivo sviluppo dei batteri anaerobici (acetico ecc.) e di conseguenza la biga avrà un grado di acidità superiore ma con minore carica fermentativa.
     
    Utilizzando il metodo di lavoro indiretto (con una corretta conduzione delle bighe) si otterranno un sistema di lavoro e un prodotto finale con i seguenti pregi:
     

    • Le fasi di lavorazione dopo l’impasto finale procedono più velocemente avendo una migliore distribuzione delle cellule del lievito
    • Il prodotto finale più acidulo avrà maggiore resistenza all’ammuffimento e alla contaminazione del Bacillo Mesentericus e del Bacillus Sultilis responsabili del pane filante.
    • Un profumo migliore
    • Un pane più croccante
    • Una maggiore conservabilità
    • Una migliore digeribilità
    • Un risparmio di lievito

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