Black & White, i colori della Vernaccia

Luca Gardini

Luca Gardini

Bianco e nero

Bianco e nero. Una suddivisione molto comune tra i vini, un po’ meno tra i vitigni. Senza entrare troppo nelle parentele imposte dalla genetica, il contrasto cromatico si manifesta non così di frequente tra i vitigni appartenenti alla stessa famiglia. Il discorso non vale per i Pinot, qui addirittura abbiamo la tonalità intermedia ovvero il Pinot Grigio, e per la Vernaccia. affumicato più accentuato.
Un grappolo, quest’ultimo, oggi poco considerato, sotto il cui nome in realtà ricadono una serie di sottovarietà a bacca bianca e a bacca nera.

La Vernaccia Nera

Il dark side della Vernaccia sopravvive oggi in una piccola area di produzione. Si tratta di circa 100 ettari, il cui centro più importante è Serrapetrona.
Qui la Vernaccia Nera, declinata in versione secca, spumante e persino passita, non smette mai di mostrare quel tratto speziato e pepato che risulta essere la vera tipicità gustativa di quest’uva. Tuttavia la difficile operazione di recupero di cui è stata oggetto non ha riguardato solo le piante (ne rimanevano alcuni ceppi sparsi in qualche vigneto) ma anche i produttori, da un punto di vista culturale e gustativo. Tanto che, per cercare di tradurla nel modo più fedele possibile all’originale, si è ricorsi anche a vecchi documenti ottocenteschi.

L’intensa speziatura che si avverte assaggiando vini realizzati con questa varietà, è da imputarsi alla probabile parentela con la Grenache e quindi anche con il Cannonau. Al di là del colore l’estesa diffusione territoriale dei grappoli che rientrano in questa grande famiglia, pare sia collegata al termine vernacula: dal latino ‘del luogo’. Un nome che quindi comprende più grappoli e li cataloga sotto lo stesso nome per il semplice fatto di essere tipici di un determinato luogo. Ecco spiegato che di Vernaccia si parla, e si produce, dalle Marche alla Toscana, fino addirittura alla Sardegna. Partendo da quest’isola il vitigno, in questo caso bianco, venne portato in dote dai Fenici e proliferò nel territorio dell’attuale cittadina di Cabras.

L’influenza sarda

La Sardegna era un punto strategico per le conquiste e i commerci. Anche la Vernaccia fu molto influenzata dai saperi enologici delle diverse popolazioni che transitarono o sottomisero l’isola. Da qui la scelta, ancor’oggi viva e vegeta, di vendemmiarla tardivamente per poi vinificarla e successivamente metterla a riposare in botti scolme. Si utilizzano sia quelle di rovere, che quelle in legno di castagno. Questo fa sì, come accade per certi versi allo Sherry, che si formi una pellicola di lieviti, la cosiddetta flor, in grado di apportare complessità, alcol e protezione da eccessi di ossidazione.

vernaccia

La Vernaccia di Oristano

La Vernaccia di Oristano è Doc dall’inizio degli anni ’70. Può essere prodotta in versione secca, con le varianti superiori se affinate almeno 3 anni e riserva se rimane in botte per 10 anni, ma anche in quella liquorosa.
L’aroma della Vernaccia di Oristano, secondo un termine spagnolo rancio (viene detto anche ‘murrai’ per quel suo essere simile alla mirra), fa ricordare le spezie, le resine, il dattero, la frutta disidratata e la mandorla.
Molto buona con pasticceria a base di frutta secca, addirittura incredibile se abbinata ai formaggi erborinati o alla bottarga di muggine.

La Vernaccia di San Gimignano

L’argomento Vernaccia non può tuttavia dirsi svolto, senza quella di San Gimignano. Siamo in provincia di Siena. Di questa varietà a bacca bianca e del vino che da essa deriva, si sentiva parlare più in passato. Tra ‘500 e ‘600 un dettaglio relativo a questo vino veniva dipinto dal Vasari nel salone dei 500 di Palazzo Vecchio a Firenze. Dopo anni di scarso appeal la Vernaccia rinasce negli anni ’60 prima con la Doc e poi con la Docg che risale al 1993. La disciplina portata in dote da questo riconoscimento parla di un 85% minimo di questo vitigno, con aggiunte di altre uve bianche, per un massimo di un 10% se trattasi di Sauvignon o Riesling. La versione riserva viene affinata, la scelta del materiale è lasciato al produttore, per 11 mesi con ulteriori 3 mesi di riposo in bottiglia prima della commercializzazione.

Nel caso della variante di San Gimignano gli abbinamenti sono molto ampi. Vi è una leggera predilezione per preparazioni di pesce, meglio se senza pomodoro ma con abbondante utilizzo di verdure.


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