Contaminazioni microbiche: attenzione ai materiali a contatto con gli alimenti

Walter Caputo

Walter Caputo

Nel mese di novembre 2017 è uscita la VI edizione di un libro intitolato: “Igiene degli alimenti e HACCP”, ohe compie 20 anni. Si tratta infatti di una storia iniziata nel lontano 1997/98, quando l’Italia, con il D.lgs. n. 155 del 26 maggio 1997, recepì la Direttiva 93/43/CEE del 14 giugno 1993. Così in Europa, e quindi in Italia, venne introdotto l’Haccp, una nuova metodologia di valutazione dei rischi e di controllo del processo di lavorazione degli alimenti.

Il testo, pubblicato da EPC editore e scritto da Antonietta Galli, Alberto Bertoldi e Laura Franzetti, rappresenta un supporto di primaria importanza per tutti gli operatori del settore alimentare.
I motivi sono molti: la casa editrice è specializzata nel settore della sicurezza, gli autori riuniscono competenze nell’ambito dell’igiene degli alimenti, dell’ingegneria e della microbiologia.

Contaminazioni microbiche: il contatto con gli alimenti

La materia trattata è di per sé complessa, ma è ben strutturata e spiegata, senza nascondere che c’è molto da fare per applicare gli obblighi di legge nel lavoro quotidiano del ristoratore o del titolare di una pizzeria (o, in generale, di qualunque operatore del settore alimentare, dal chioschetto alla multinazionale del cibo).

Cominciamo a prendere in considerazione un aspetto specifico trattato nel testo: i contaminanti biologici, che possono attaccare i materiali e gli oggetti a contatto con gli alimenti (cosiddetti M.O.C.A.).

È noto infatti che i processi di lavorazione alimentare – a causa di pressioni, temperature e livelli di acidità – possono danneggiare le parti degli impianti dove viene collocato l’alimento. Ma a contatto con il cibo non ci sono solo attrezzature, macchinari e impianti tipici dell’industria alimentare, non dobbiamo sottovalutare infatti ciò che può verificarsi all’interno di un distributore automatico di bevande calde, fino a considerare utensili, stoviglie, contenitori e imballaggi.

La normativa di riferimento per i M.O.C.A. è il regolamento (CE) n. 1935/2004, mentre quella che riguarda le buone pratiche di fabbricazione è il reg. (CE) n. 2023/2006. Tuttavia gli aspetti presi in considerazione sono soprattutto i contaminanti chimici, mentre per quelli biologici si rinvia al reg. (CE) n. 852/2004.
Purtroppo la contaminazione microbica non è da sottovalutare, in quanto è meno controllabile rispetto a quella chimica. Gli autori indicano come base per la contaminazione microbica la formazione di biofilm, che può essere definito come un “aggregato di cellule microbiche (comunità microbica) adese ad una superficie, incluse in una matrice polimerica (EPS), sintetizzata dai microrganismi stessi”.

Come avvengono le contaminazioni microbiche

In parole povere, i microrganismi si fabbricano il nido: inizialmente si tratta di cellule isolate che entrano in contatto con una superficie, poi i microrganismi vi si ancorano grazie alla produzione di sostanze di natura polisaccaridica (EPS) e di estroflessioni.

A questo punto la colonia diventa sempre più grande, finché – terminata la fase di colonizzazione – si verifica la rottura, ovvero alcune cellule vengono liberate, affinché il ciclo possa ripetersi e la “famiglia” ingrandirsi. Ciò ha delle sgradevoli conseguenze, poiché si va da una semplice riduzione della durata dell’alimento, fino alla liberazione di forme patogene e alla riduzione di efficienza degli impianti industriali a causa della biocorrosione.
In quest’ultimo caso si tratta di una normale corrosione (di origine non biologica) su cui – grazie alla presenza di ossigeno, carbonio e acqua – si instaurano microrganismi, che, naturalmente, influenzano il processo di corrosione.

I settori più a rischio sono quelli dell’imbottigliamento di acque minerali e latte; la macellazione e lavorazione di carne e pesce; le lavorazioni di paste all’uovo e ripiene, di vegetali e di formaggi. Non sono immuni dall’attacco e dalla proliferazione di comunità microbiche nemmeno materiali generalmente considerati “sicuri”, come acciaio inox, vetro, polipropilene, alluminio e nylon, in quanto tutti i materiali si usurano e le fessure sono un ottimo ambiente per lo sviluppo di una comunità microbica.

Quest’ultima si svilupperà più o meno rapidamente in base alla natura dell’alimento, al contenuto d’acqua, alla temperatura e al pH.
 
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