Convertire: la parola d’ordine per tenere in piedi il proprio ristorante

Di Emiliano Citi

La capacità di conversione è uno dei requisiti fondamentali del saper fare impresa. E bisogna saper convertire per tenere in piedi il proprio ristorante. Infatti, con l’avvento del Covid, i ristoranti sono stati costretti a dimostrare flessibilità e propensione ai cambiamenti in tempi brevi per poter mantenere in vita la propria attività.
 
La pandemia ha creato una situazione di crisi a livello mondiale e le chiusure forzate hanno messo a dura prova la sopravvivenza di molte aziende. Sono numerosi i ristoranti che hanno dovuto arrestare la propria attività; altri invece sono riusciti a trovare strade alternative per rimanere a galla.
 
E ci sono casi, che addirittura, hanno saputo anticipare la concorrenza raggiungendo un successo inaspettato in un momento critico. Nella crisi, la reazione più spontanea e vantaggiosa è dimostrare capacità di reazione per contrastare il problema. Cambiare rotta e strategia è vitale per continuare a sopravvivere. E possibilmente questo va fatto in modo veloce, per non dire istantaneo.
 
La soluzione per gli imprenditori, quindi, è quella di mettere in discussione il proprio modello di business, ovvero la struttura con cui si va ad operare sul mercato. Questa trasformazione è nota come Pivoting, ovvero cambiare il proprio piano di azione per ricreare le condizioni favorevoli per la conservazione (e sviluppo) del proprio business.
 

 
Il termine “fare Pivot” è stato creato da Eric Ries, imprenditore e ideatore del metodo The Lean Start-up, che dalla Silicon Valley si sta diffondendo in tutto il mondo. Secondo il suo approccio, le imprese devono già avere la consapevolezza dalla loro nascita che dovranno fare, frequentemente, delle modifiche al loro modello di business per riuscire ad essere conservate e guidate.
 
E le attività devono proprio saper dimostrare capacità di conversione: intuire quando è necessario fare un netto cambiamento al proprio percorso o continuare sulla strada già solcata, con tutti i rischi del caso. Il concetto del Pivoting si rifà al gioco del Basket, dove c’è un preciso giocatore che ha il ruolo del Pivot, appunto.
 
Nella squadra questo è colui che deve puntare, una volta che ha preso possesso della palla, a fare canestro. Ovviamente, non c’è un piano assoluto e definito, ma sta all’atleta capire in che modo deve giocare o modificare le sue azioni per poter fare più punti possibili e far vincere il proprio team.
 
Lo stesso va applicato in un’attività: la visione imprenditoriale deve rimanere immutata, ma se la strategia aziendale non è efficace per quel dato momento, bisogna modificarla e convertire il proprio modello di business per ricreare un modus operandi favorevole per i propri affari.
 


 
Esistono varie tipologie di Pivoting:
1. L’azienda opera cambiando totalmente la sua offerta.
2. L’azienda agisce modificando il target di clienti a cui proporre il suo prodotto.
3. L’azienda varia il suo approccio per l’acquisizione di nuovi clienti.
4. L’azienda cambia il modo di monetizzare.
5. L’azienda sceglie di eliminare, aggiungere o esternalizzare l’attività svolta all’interno (o viceversa).
 
Il mercato della ristorazione, in questi mesi, è stato un perfetto esempio del “fare Pivot”. Su tutti delivery e take away hanno rappresentato le scelte più adottate, che fino a prima non erano magari state ancora contemplate in certi modelli di business.
 
Oppure ci sono stati ristoranti che hanno aperto siti e-commerce, in tempo record, vendendo i loro prodotti o kit per cucinare i piatti a casa direttamente online. Altri casi ancora possono essere le botteghe con cucina, che venendo meno il servizio di somministrazione hanno compensato con la vendita dei loro prodotti alimentari.
 
Non sono mancate anche le partnership: pasticcerie che hanno scelto di associarsi nella consegna a domicilio con i ristoranti per potenziare e ampliare l’offerta per il consumatore.
 


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