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La cucina romana come identità e tradizione
Proseguiamo il viaggio nella cucina romana tradizionale, alla scoperta dei primi piatti che possono arricchire un menù differenziante e caratterizzante in una catena di ristoranti italiani all’estero.
La cucina romana è la regina nell’uso del Quinto Quarto e, anche nel mondo della pasta, questo elemento è protagonista.
Fettuccine con rigaglie di pollo: piatto tipico delle fraschette
Le fettuccine con rigaglie di pollo sono un classico piatto delle fraschette, osterie tipiche dei Castelli Romani, caratterizzate da un’atmosfera semplice e rustica, dove si serve vino locale e piatti tradizionali. L’origine del nome “fraschetta” deriva dalla “frasca” (un ramo) che veniva appesa fuori dal locale per indicare che il vino nuovo era pronto per essere gustato. Le rigaglie di pollo, ossia, cuori, fegatini e ventrigli vengono passate in padella cubettate con olio extra vergine di oliva, burro, maggiorana, aglio e sfumate con vino bianco. Si aggiungono i pelati e si cuoce fino a quando il sugo non ha ben tirato.
Le fettuccine cotte al dente in acqua salata vengono fatte saltare insieme al sugo in un largo tegame o padella con a chiudere parmigiano e prezzemolo fresco tritato.
Rigatoni con la pajata: il cuore della cucina romana
I Rigatoni con la pajata meritano uno spazio a parte dato che la pajata, ossia il secondo tratto dell’intestino tenue del vitello o dell’agnello, non è di facile reperibilità quando ci si trova fuori i confini italici. Ma se riuscite a trovarla potete preparare un piatto che rappresenta la storia della cucina romana. Dopo aver ben pulito (e quando dico bene intendo benissimo…!) la pajata avendo l’accortezza di lasciare il “chimo” che è il segreto della ricetta, la si taglia a strisce di circa 25 cm, la si lega e si cuoce in un soffritto si carote, sedano e cipolle con sale, pepe e sfumata con vino bianco. Si aggiungono gli immancabili pelati, si cuoce per almeno 2 ore e poi si manteca la pasta (i rigatoni…) con il sugo così ottenuto e non poco pecorino grattugiato.
Rigatoni con coda alla vaccinara
Partiamo da un classico soffritto con lardo a cui aggiungiamo prezzemolo, una volta arrivato a cottura, rosoliamo la coda di bue tagliata a pezzi, sfumiamo con vino bianco (immancabile), aggiungiamo gli inseparabili pelati e copriamo con acqua. Lasciamo cuocere per almeno 3 ore e condiamo la pasta. “NA BOMBA” direbbe qualcuno!
Una variante? Sempre i rigatoni ma con il sugo degli involtini.
Un’altra variante? Rigatoni al sugo di garofolato ossia l’umido di manzo, super classico della cucina romana, il cui nome deriva dai chiodi di garofano qui usati in maniera abbondante detto in dialetto romanesco garofalo. Prendiamo un pezzo di girello, lo lardelliamo incidendolo, aggiungendo un trito di pepe, sale, maggiorana, aglio e chiodi di garofano, tanti. Si lega la carne, la si rosola con un bel soffritto classico cui si aggiunge grasso di prosciutto e aglio. Si fa rosolare a fuoco lento facendo attenzione che non si colorisca troppo aiutandosi con un bicchiere d’acqua in caso. Si sfuma con del vino rosso e si aggiunge la passata di pomodoro diluita sempre con un po’ di acqua fino a coprire il tutto. Fuoco basso e coperchio, dopo circa 2 ore la carne è pronta, tagliata a fettine o pezzi diventa un ottimo secondo ma anche un sugo inebriante.
Cannolicchi alla soldatina e alla militare
I Cannolicchi alla soldatina o alla militare sono un classico esempio di utilizzo versatile delle ricette. Prendiamo una amatriciana, togliamo il guanciale, se tiriamo bene il sugo abbiamo una soldatina, se lasciamo il sugo morbido quasi brodoso, abbiamo una militare. Punto fermo sono i cannolicchi ossia una tipologia di pasta simile a dei maccheroni tagliati corti di forma tonda e forata, con 4 mm di spessore, chiamati anche tubettini o ditaloni.Minestra di pasta e piselli: non solo pastasciutta
Esiste un detto a Roma: “Roma non è fatta solo di pastasciutta”. Con questo detto terminiamo con un piatto da mettere in menù ossia la minestra di pasta e piselli, dove la pasta utilizzata è corta come ad esempio: i cannolicchi, la pasta mista, magari i rimasugli di pasta rotta o, per finire, i mitici quadrucci.
Da tenere non troppo morbida o brodosa ha come ingrediente principale i piselli freschi, quando stagione, saltati in padella con olio e scalogno, aggiustati di pepe e sale, terminati con un buon brodo vegetale dove metteremo a cuocere la pasta che tenderà ad assorbire il brodo stesso. Piatto da terminare con non abbondante ma abbondantissimo pecorino grattugiato.
Prima di introdurre l’intruso volevo ricordarvi che le pennette all’arrabbiata “so de Roma” e non si scherza sulla ricetta che prevede pomodori San Marzano, peperoncino, uno spicchio d’aglio, olio extravergine d’oliva, pecorino romano grattugiato e un bel po’ di prezzemolo tritato fresco.
L’intruso: gnocchi alla romana
L’“intruso” di questo viaggio sono gli gnocchi alla romana che sono gnocchi per denominazione ma senza farina e senza patate, e anche come forma non ricordano gli gnocchi classici essendo dei dischetti di 2/3 cm di spessore, fatti con un impasto di semplice semolino cotto nel latte, con uova, burro (tanto), parmigiano e noce moscata.
Sono un primo piatto e non un secondo, sono “calorici” sia per gli ingredienti (non chiedete di cambiare il burro con qualche cosa di differente…) sia perché rientrano nel mondo della pasta al forno.
Il nome tradisce la vera identità: laziale, ma per denominazione comune sono oramai accostati alla cucina romana.
Direi cha da Roma è tutto alla prossima puntata!