Fipe: appello della ristorazione alle Istituzioni per non mangiarsi il futuro

#pernonmangiarsiilfuturo

La cucina italiana: orgoglio degli italiani, ispirazione per gli stranieri, ali e radici per chi viene e torna nel nostro Paese. In numeri, la nostra ristorazione vale 300.000 imprese, 85 miliardi di fatturato e 43 miliardi di valore aggiunto all’anno per 1 milione di occupati. Meno puntuale, ma non meno strategico, il valore intangibile del settore in termini sociali, storici, culturali, antropologici e come volano dell’attrattività turistica e dell’intera filiera dell’agroalimentare del Paese. Ora, poi, il settore sta vivendo una popolarità senza precedenti, con gli Chef famosi come attori e contesi come influencer, a dimostrazione che la cucina – da sempre strumento di comunicazione – è appetibile anche come strumento di consenso.

Bene ma non benissimo

Questi risultati sono la punta di un iceberg fatto del lavoro di centinaia di migliaia di imprese che, con la loro professionalità, creatività e quotidianità, fanno la forza di questo settore, che riceve a parole grandi pacche sulle spalle, ma nei fatti rischia oggi un impoverimento senza precedenti.

L’appello

Ogni giorno nelle scelte politiche si incentivano settori che effettuano di fatto somministrazione, senza essere sottoposti alle stesse regole che si applicano alla ristorazione e ai pubblici esercizi in generale.

fipe appello per non mangiarsi il futuroCi riferiamo agli operatori del settore agricolo, ai circoli privati, al terzo settore, ai negozi di vicinato, agli home restaurant, allo street food ecc…
Perché se non ti chiami “pubblico esercizio”, non importano i servizi igienici, la presenza di spazi per il personale, gli ambienti di lavorazione idonei, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di Pubblica Sicurezza.

Cosa chiede Fipe

Fipe non chiede meno regole: chiede che vengano applicate le stesse regole per la stessa professione, anche a tutela e a salvaguardia dei 10 milioni di clienti che ogni giorno frequentano i Pubblici Esercizi.
Non viene chiesta meno concorrenza: si auspica, anzi, che ce ne sia sempre di più, ma per migliorare il mercato, non per renderlo più fragile.

“Non chiediamo privilegi o corsie preferenziali, chiediamo alle Istituzioni più attenzione e un tavolo – si legge sul comunicato – promosso dai ministeri competenti, con la partecipazione dei diversi attori della filiera – che apparecchi una visione strategica complessiva e consapevole per il settore. I sottoscrittori di questo appello hanno fatto degli investimenti qualitativi e del rispetto delle regole, un punto di merito e uno stimolo per migliorare la qualità del settore, tutelando le scelte di milioni di consumatori.
È così che vogliamo difendere la categoria, quella delle imprese della ristorazione: salvaguardando il contributo che offre all’economia italiana, un contributo di varietà e, soprattutto, di qualità, tratto distintivo del Food in Italy che tutti conosciamo. E amiamo”.


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