Granchio blu, da terrore dei mari a prodotto di punta: ma la tavola è davvero la soluzione?

Definito anche pericoloso “crostaceo alieno”, il granchio blu è comparso in Veneto già qualche anno fa. Ed è proprio in Veneto che il crostaceo sta guadagnando notorietà, con l’allarme lanciato dal mondo della pesca e lo stanziamento urgente di 2,9 milioni di euro dal Governo attraverso il ministro del Masaf Francesco Lollobrigida, per risarcire i pescatori per la cattura e lo smaltimento del granchio blu.

Il granchio blu è una minaccia reale non solo al settore della pesca in Veneto, ma, a tutto il delicatissimo ecosistema della Laguna di Venezia patrimonio Unesco. Non è un mistero che sia molto vorace e si nutra di tutto ciò che i nostri bassi fondali gli offrono. E non si parla solo di vongole, ma anche piccoli pesci come orate etc. Sono diventati virali in rete e sui principali social i video del Callinectes sapidus – questo il nome scientifico – alle prese con vongole e telline, sgusciate in men che non si dica dalle sue temutissime chele” afferma Paolo Caratossidis presidente di Cultura & Cucina, l’associazione di promozione enogastronomica più attiva nelle terre di San Marco.

Una nuova variante di granchio blu scoperta nei nostri mari

E dopo il granchio blu delle coste atlantiche americane è appena stata individuata un’altra specie, grazie alla cattura di un esemplare in provincia di Ancona. La “nuova” specie sarebbe originaria del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano occidentale. 

Granchio Blu

Come riporta ANSA, a dimostrare la presenza del nuovo granchio blu è stato il Cnr-Irbim di Ancona. Al momento, però, “il Nord Adriatico non è ancora un ecosistema ospitale per questa specie, quindi non dovrebbe esserci il rischio di una doppia invasione di granchi blu”.

“Il granchio blu del Mar Rosso Portunus segnis, morfologicamente ed ecologicamente simile a quello Atlantico Callinectes sapidus, ha già colonizzato, attraverso il Canale di Suez, i settori più orientali del Mediterraneo, con conseguenze inizialmente drammatiche per la pesca tunisina”, afferma Ernesto Azzurro, uno dei ricercatori guidati da Fabio Grati. “Oggi, però, questa specie è una delle risorse di pesca più importanti per la Tunisia, trasformata e commercializzata nei mercati esteri. Anche il granchio blu del Mar Rosso, come il granchio blu americano, trova il suo habitat ideale tra gli ambienti lagunari e il mare aperto e può sviluppare popolazioni con altissime abbondanze”.

La “soluzione” culinaria come arma per limitare i danni

La diffusione del granchio blu era monitorata da prima che iniziasse a ‘invadere’ i media e ad essere sulla bocca di tutti. La diffusione di una specie come questa è in grado di scombussolare in modo importante gli equilibri di fauna e flora acquatica del nostro paese. Non è la prima volta che le nostre acque vengono invase: basti pensare al pesce siluro nei fiumi della Val Padana o al gambero killer della Louisiana che ancora oggi sta colonizzando canali, fossi, laghi e ogni specchio d’acqua dolce.
Ma l’unica maniera concreta per contrastare la proliferazione del granchio blu sono la cattura ed il consumo umano? In molti affermano che, non avendo predatori naturali nel bacino del Mediterraneo, l’unica soluzione possibile è quella culinaria e potrebbedavvero rappresentare l’unica arma per limitare i danni incalcolabili che porta questa specie.
Ma la strada è ancora lunga e sono ancora da svelare i risultati delle ricerche che vedono gli atenei veneti impegnati nello studio del suo impatto in laguna. Nel frattempo si stanno moltiplicando gli appelli di associazioni, organizzazioni, chef e amministratori per incentivare il consumo del granchio blu. Di “contro” il fattore novità rende difficile l’attribuzione di un prezzo e questa situazione poco definita, preda di facili speculazioni.


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