Intervista al mastro birraio Matthias Müller: la sua storia e la sua birra artigianale

matthias müllerMatthias Müller nasce nella capitale mondiale della birra, Monaco di Baviera, dove diventa mastro birraio all’università di Weihenstephan. Sebbene il nome possa essere sconosciuto ai “non addetti ai lavori”, invece, Matthias è una vera e propria istituzione nel mondo della birra artigianale. Un vero e proprio riferimento del settore brassicolo, un appassionato del suo lavoro che lo ha portato a girare tutto il mondo.
 
Infatti, Matthias Müller è spesso in viaggio per consulenze con l’obbiettivo di insegnare le tecniche per la produzione della birra, la costruzione e gestione degli impianti di produzione connotati ovviamente da un’impronta artigianale. Portando così eccellenti risultati in ogni missione, tanto da avere contribuito notevolmente alla diffusione del movimento della birra artigianale. Fino al suo arrivo in Italia, nel lontano ormai 1998.
 
Qual era la situazione della birra artigianale in Italia quando sei arrivato?
Nel lontano 1998, quando sono arrivato come ingegnere birrario, in tutta Italia c’erano solo 7 birrifici artigianali. Non c’era né malto né luppolo, e i giovani birrai di oggi non possono immaginarsi tutti gli ostacoli che c’erano da superare allora per realizzare un micro birrificio. Il mio lavoro era di far partire le nuove imprese, che erano spesso i primi birrifici per intere regioni.
 
Com’è invece oggi il mercato della birra artigianale in Italia, al netto della situazione che si è creata a causa dell’emergenza sanitaria?
Siamo arrivati a oltre mille birrifici sul territorio Italiano. Ora, purtroppo un po’ meno. Chiaro che ogni settore quando è in forte espansione richiama l’interesse di molti imprenditori. Ma non è sufficiente mettere il denaro per avere un’azienda che funziona. Di certo anche l’emergenza sanitaria che non solo l’Italia, ma tutto il mondo sta attraversando da 1 anno ormai non può non avere conseguenze anche sul nostro settore, tanto da costringere alla chiusura quelle attività non strutturate per poter reggere l’onda d’urto di quanto successo.
 
Con la cotta fatta in collaborazione con il birrificio della Granda e con il birrificio 4 Mori, siete usciti con il logo “save the beer”. Qual è il messaggio dietro questo simbolo?
“Save the beer” è nato per sensibilizzare gli Italiani verso la crisi nella quale si trovano attualmente i birrifici locali. Chiusa le mescita a causa del lockdown, la maggioranza di questi birrifici non ha la possibilità di vendere la birra, se non a clienti diretti. Lo Stato può aiutare solo fino a un certo punto. Vogliamo dare un impulso e invitare i consumatori a scegliere una birra artigianale locale per scoprire le realtà birrarie che hanno vicino e di cui, forse, non conoscono l’esistenza.
 

 
La competenza di mastro birraio ti ha portato a girare tutto il mondo come consulente per la produzione di birra e per la progettazione di impianti di produzione.Quando e perché nasce il desiderio di creare una tua birra?
Penso che quasi tutti i birrai siano nati con il bisogno, non solo desiderio, di creare una propria birra.
 
Perché ti sta a cuore salvare tutti i birrifici?
Mi sta a cuore perché parte di questi li ho visti nascere, soprattutto i primi, diciamo che c’è una parte di me in tanti birrifici. Molti sono stati avviati da me e sono ancora molto legato dopo vent’anni a tanti gestori di queste attività. Penso per esempio alla fabbrica di birra Busalla, primo birrificio in Liguria, o ai ragazzi di BOA a Ostia.
 
Ritieni che il consumatore privato possa salvare il settore?
I giovani sono impegnati a salvare il mondo dal divano, tanto vale stappare una birra. Scherzi a parte: sì. Con questo canale di distribuzione si tratta di un ruscello e non di un fiume di birra. Però è in grado di innescare una piccola conoscenza e un apprezzamento delle birre locali e artigianali.
 

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Leggi l’articolo su Hop(e) in the Spelt, la birra di Matthias Mùller, qui.


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