Montalbera, una storia di vino, famiglia e passione

Luca Gardini

Luca Gardini

Una “storia appena iniziata da tre generazioni”, come correttamente evidenzia il claim aziendale. Un anfiteatro di vigneti, per un totale di 110 ettari totali, che abbracciano Langhe, nella fattispecie Castiglione Tinella, dove la storia del capostipite Enrico Riccardo Morando, e di conseguenza della cantina Montalbera, è iniziata, e l’altra collocazione, Castagnole Monferrato, ovverosia i due palcoscenici principali dove si giocano le fortune della viticoltura piemontese.

Inizialmente Moscato d’Asti e Barbera, nei 10 ettari attorno alla casa di famiglia nelle Langhe, poi la strada spianata verso il futuro: una cantina dalla politica espansionistica ma dall’anima profondamente territoriale, se è vero che la mission aziendale, e la stessa costruzione del suo valore, è stata fin dagli albori quella di restituire, in bottiglia, il cuore pulsante del vino piemontese. È per questo che nasce, ormai decenni or sono, il progetto riguardante il Ruché. Come altre operazioni di recupero di vitigni autoctoni, le leggende che circondano questo uvaggio tipico di Castagnole, (di suo, per caratteristiche gustativo-olfattive, un unicum) sono numerose e contrastanti.

cantina montalbera

Quello che è certo è che tutte le circostanze del suo ritrovamento, puramente casuale, ad opera di Don Giacomo Cauda, seminale figura di parroco/vignaiolo degli anni ‘60, e della sua successiva diffusione, fino all’istituzione della DOC nel 1987, poi DOCG nel 2001, hanno le sfumature del romanzo d’appendice. Gli sforzi cospicui, invece, che Montalbera – che ora è il primo produttore al mondo – insieme ad altre coraggiose cantine piemontesi, stanno facendo per la sua diffusione, hanno poco di casuale.

Intendiamoci, si tratta di tempo ed energie oculatamente investite, perché le potenzialità di questo vitigno dal basso rendimento, che beneficia dei terreni calcarei e dell’abbondante insolazione tipica del Monferrato per affinare le sue caratteristiche, un naso tipicamente sottile e delicato, di lamponi e fragoline di bosco, il gusto pieno ed armonico, un tempo considerato il “vino delle feste”, erano già abbondantemente note. Ora si arriva quasi al milione di bottiglie prodotte complessivamente, con un livello qualitativo medio nettamente in ascesa, segno evidente dell’impegno riversato nel progetto.

Per il resto Montalbera, ora affidato alla sapiente guida del nipote di Enrico, Franco Montalbera, propone una serie di etichette altrettanto identitarie, Metodi Classici e Charmat alternati e splendide (e pluripremiate) letture di Grignolino, di cui Montalbera è il primo produttore in Italia, Barbera e, ovviamente, Ruché, che evidenziano la grande qualità del lavoro svolto in vigna oltre a quello in cantina.

montalbera viniInsieme a questo, una nutrita serie di progetti per il futuro, non ultima quella – recentissimamente vinta – per l’approvazione della denominazione DOC Piemonte Viognier in etichetta, che consente ad una viticultura dal valore già indubbio di disporre di un’altra, e appuntita, freccia al suo arco. Tornando alle etichette prodotte, la grande novità di quest’anno, che è anche il primo consiglio di degustazione che vi propongo, riguarda questo sorprendente (e a lungo atteso) Metodo Classico Pas Dosè 120+1 appena messo in commercio, uno spumantizzato ottenuto da Pinot Nero che apre una porta importante in ambito di interpretazioni di vitigni internazionali in Piemonte in versione spumantizzata, 10 anni sui lieviti, poi dégorgement e riempimento con vino della stessa cuvée. Un vino dal naso splendido, finissimo, di sottobosco e frutti rossi, e dalla bollicina magnetica, caratterizzato dalla beva croccante e persistente. Obbligatorio segnalare il Ruché di Castagnole Monferrato DOCG Laccento 2018, uno dei vini-bandiera della cantina, da vendemmia di uve surmaturate, un vino che non assomiglia a nessun altro. Speziatissimo e insieme fresco al naso, succoso e rotondo alla bocca, per una eccellente persistenza.

Per finire, vi propongo il Grignolino d’Asti DOC Lanfora 2017 anni considerato uno dei vertici della tipologia. Invecchiato in anfore di terracotta di Impruneta, è un piccolo monumento alla vena beverina del vitigno d’elezione dei colli avini montalberastigiani e alessandrini. Naso di piccoli frutti rossi, con eccellente speziatura, di alloro, bocca dalla bella spalla acida, ampia, dai tannini sapidi e tuttavia morbido, dall’ottima scorrevolezza.

Crediti foto: Courtesy of Montalbera


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