Nuovo Dpcm: l’ipotesi di stop asporto per i bar dopo le 18

Il Governo sta discutendo le misure restrittive da introdurre nel nuovo Dpcm. Le indiscrezioni riportano che l’esecutivo apporterà delle modifiche anche riguardo all’asporto per i bar. Infatti, si vocifera che nel Dpcm verrà introdotto il divieto per i bar di vendere cibi e bevande da asporto dopo le 18. Questa scelta sarebbe stata confermata dal Governo nel corso della riunione con le regioni.
 

 

La reazione dei ristoratori

Bar e ristoranti sono sul piede di guerra. Dopo un dicembre in cui i ristoratori hanno accusato il colpe maggiore, la situazione non sembra cambiare. Infatti, il settore è già duramente colpito e vietare anche uno strumento come l’asporto che finora ha permesso di rimanere debolmente a galla, potrebbe essere il colpo finale. Contro l’ipotesi del divieto di asporto oltre le 18, sono nate iniziative di protesta sui social.
 
asporto
 
Dunque, i ristoratori minacciano una sorta di “disobbedienza civile”. A renderlo noto Alessandro Mautino, il presidente dell’Epat Torino. Mentre Claudio Ferraro, direttore dell’Epat Torino, dichiara: “Il periodo ormai troppo lungo di drastiche limitazioni e chiusure dei pubblici esercizi sta affossando un intero settore. Togliendo la possibilità di ripartire.

Non ci pare che ipotizzare limitazioni a quelle piccole finestre di attività sia corretto, plausibile e neanche utile. Serve solo ad aggravare ancor di più l’economia dei pubblici esercizi. Se si ipotizzano violazioni, come assembramenti davanti ai locali, si facciano i controlli e si irroghino le sanzioni. Ma non si colpisca un’intera categoria.

Questo approccio “chiusi tutti se c’è qualcuno che non rispetta le regole” è sbagliato e neanche etico. È la resa dello Stato e delle amministrazioni deputate, che riconoscono di non poter controllare. Ma in un tempo come quello che stiamo attraversando non può che rendere più vivo un senso di ingiustizia per chi le regole le rispetta e vede le proprie attività morire”.
 
Ma l’ipotesi di stoppare l’asporto dopo le per i bar, apre anche altre questioni. Da parte del governo mancano chiari e concreti interventi, così come linee guida che possano scongiurare il tracollo dell’intero settore ristorazione.

Infatti, i ristoratori attraverso associazioni di categoria fanno sapere: “Il vaso è colmo. Per completare la presa in giro ci mancava solo l’invito ad aprire le nostre attività per 2 giorni per poi chiuderle nel week end. Per poi colorare di nuovo l’Italia di giallo e arancione limitando o vietando il nostro lavoro in modo quasi sadico”.
 

 
L’Unione Ristoranti del Buon Ricordo lancia così un appello. Partendo proprio dallo stop dell’asporto, la richiesta ruota attorno alla possibilità di fare impresa. Ecco la richiesta al Governo: “Fateci lavorare in sicurezza. Ma con la possibilità di fare impresa. Oppure permetteteci di arrivare ancora vivi al momento della ripartenza con giusti ristori, non briciole”.

E così ragiona su asporto e delivery: secondo l’Unione Ristoranti, queste due forme non possono essere parte strutturale della grande ristorazione. È una possibilità. E ora chi ha abbracciato asporto e delivery, lo ha fatto per rimanere a galla. Ma in realtà non sono strumenti che possono tenere in piedi un’azienda.
 
L’Unione Ristoranti del Buon Ricordo conclude anche ricordando che “E’ tempo di essere uniti. E di far sentire la nostra voce. Ormai non c’è più tempo. Sono passati 11 mesi dall’inizio della pandemia durante i quali la nostra categoria ha accettato di chiudere a ripetizione le proprie attività in nome della salute.” Un grido di allarme a cui il Governo non può rimanere indifferente.