Può esistere l’orata pazza? Facciamo chiarezza!

Valentina Tepedino

Valentina Tepedino

A proposito del caso “orata pazza”…
Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli articoli di stampa ed i servizi televisivi sui prodotti ittici spesso mirati ad evidenziare frodi commerciali o potenziali rischi igienico sanitari derivanti dal consumo dei suddetti. Eppure negli ultimi 10 anni sono notevolmente aumentate sia le norme che regolano il settore dei prodotti ittici che i controlli dalla produzione alla commercializzazione degli stessi.

Non essendoci molte fonti affidabili per reperire informazioni nel settore ittico, ristoratori e consumatori non hanno spesso altri punti di riferimento che internet ed i media e dunque sarebbe importante potere fare riferimento a fonti affidabili. Numerosi, purtroppo, i servizi con informazioni superficiali ed imprecise di cui di seguito riportiamo un esempio recente.

L’allarme orata pazza

Tra gli errori di stampa più eclatanti e recenti ricordiamo quello sull’allarme “orata pazza” ripreso da diversi servizi televisivi su RaiUno e da diverse testate giornalistiche tra cui il Secolo XIX e il Mattino di Napoli. Gli “allarmi” sono stati lanciati in previsione dell’entrata in vigore nel mese di giugno del Regolamento CE 56/2013 (recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili), che prevede il reinserimento di alcune farine animali per l’alimentazione dei pesci.

orata pazza fake news

I “nuovi” mangimi per i pesci

I prodotti riammessi per l’alimentazione dei pesci di allevamento dal Regolamento EU 56/2013 sono le proteine animali trasformate derivate da non ruminanti. Si tratta quindi essenzialmente delle farine avicole (e anche in linea di principio da quelle derivanti da suini). Già dal 2003 sono ammesse per l’alimentazione dei pesci alcune materie prime di origine animale tra cui i prodotti sanguigni (sempre da non ruminanti) e la farina di piume idrolizzate. Sono quindi co-prodotti derivanti dalla lavorazione di animali ovviamente destinati al consumo umano, sottoposti a cottura, essiccazione e macinazione così come le farine di pesce. Sono concesse perché si tratta di materie prime sicure e di ottima qualità nutrizionale.

Dal punto di vista della sostenibilità, è necessario non sprecare risorse che possono essere utilmente impiegate per produrre alimenti per l’uomo, riducendo la pressione sulle risorse non rinnovabili come gli stock di pesce selvatico. La riammissione arriva dopo 10 anni di studio e valutazione, che hanno confermato l’assenza di rischi per la salute umana ed animale e hanno reso disponibile una metodica accurata per distinguere le farine animali di diversa provenienza (permettendo così di verificare l’assenza di farine animali da ruminanti, che sono i prodotti all’origine dello scandalo della mucca pazza).

I prodotti sono controllati dagli stessi organi di controllo ufficiali, a livello comunitario e nazionale, che verificano tutte le altre materie prime. In altri Paesi extra UE si sono sempre utilizzate queste farine, non solo in Paesi del Mediterraneo come ad esempio la Turchia (da cui abbiamo sempre importato spigole e orate), ma anche in altre aree da cui importiamo ad esempio salmoni (Cile, Canada) come pure in USA e in Australia e naturalmente in Asia.

Proteine animali nel mangime: che effetti ci sono?

L’utilizzo di proteine animali trasformate nel mangime non ha alcun effetto sulla qualità del pesce allevato, quindi non esiste metodo analitico che differenzi i prodotti alimentati in un modo o nell’altro. La ragioni per le quali si tratta di prodotti utili nell’alimentazione dei pesci allevate sono in sintesi il valore nutrizionale, la sicurezza alimentare e la sostenibilità. Sul piano degli apporti nutrizionali per i pesci allevati si tratta di ingredienti che per composizione, elevata digeribilità e valore nutritivo sono naturalmente più prossimi a sostituire parzialmente le farine di pesce nei mangimi.

A differenza di alcune farine proteiche di origine vegetale, essi non apportano fattori antinutrizionali e risultano pertanto privi di controindicazioni nei riguardi di benessere e salute dei pesci. Si tratta di una ottima risorsa proteica e di elementi minerali ottenuta da scarti che potrà contribuire a ridurre la pressione esercitata dall’Acquacoltura sull’utilizzo competitivo di materie prime alimentari animali (pesce) e vegetali (soia, mais, frumento…) destinate all’alimentazione umana, con ovvi benefici anche per l’ambiente.

orata al forno


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