Stipendi da fame, lavoro nero: forse non è tutta colpa dei giovani

Lo ribadiscono imprenditori e chef famosi, da Alessandro Borghese ad Antonino Cannavacciuolo e Flavio Briatore, ma non serve entrare in una cucina stellata per avvertire il grido d’aiuto. Ormai lo abbiamo detto e ridetto: quest’anno i ristoranti faticano a trovare personale. Ancora più difficoltoso trovare personale qualificato.

Ma qual è il nodo del problema?

Da una parte alcuni noti chef sostengono che i giovani non vogliono fare fatica. Dall’altra c’è chi mette in luce che un lavoratore non è interessato a lavorare per paghe troppo basse e contratti disumani.

“Sono alla perenne ricerca di collaboratori ma fatico a trovare nuovi profili, i ragazzi oggi preferiscono tenersi stretto il fine settimana”: È quanto dichiara Alessandro Borghese che, con le numerose dichiarazioni rilasciate, ha alzato un polverone sui giovani e il mercato del lavoro mettendo in luce, forse inconsapevolmente, un problema allarmante che riguarda tutto il mercato del lavoro in Italia. A sostegno di Borghese è arrivato anche Flavio Briatore

lavoro nero

Imprenditori e sindacati dalla parte dei giovani lavoratori

Se da una parte ci sono molti imprenditori e ristoratori che concordano con Alessandro Borghese e Flavio Briatore, dall’altra ci sono molti loro colleghi che affermano il contrario. Appoggiati anche dai sindacati che da anni denunciano i problemi della ristorazione (e di tutto il mercato del lavoro). 

I sindacati, infatti, evidenziano fin troppo spesso condizioni di lavoro nero e paghi molto basse, il più delle volte gestite con contratti farlocchi. Situazioni che non invogliano i giovani a mettersi in gioco. 

In questo dibattito è inserito anche lo chef stellato Claudio Melis, conosciuto ovunque per il suo noto ristorante in cui lavora fin da giovanissimo. 

A La Repubblica, Melis ha asserito che il personale formato e capace si sposta all’estero, questo perché in Italia non è garantito uno stipendio adeguato. “Il sistema retributivo e contributivo italiano non agevola il ristoratore privato. Di conseguenza mantenere in piedi un doppio team per coprire due turni è molto difficile. Quindi a fronte di uno stipendio anche consistente, le ore di lavoro sono sempre eccessive”. Come si rivolve, quindi, questa situazione? Secondo Melis “Tutto il sistema andrebbe rivisto per poter ridurre, anche nella ristorazione, la settimana lavorativa a 5 giorni con turni da 8 ore per il bene comune”.

Paghe basse, lavoro nero: perché i giovani non vogliono lavorare?

Turni massacranti e disumani ripagati con qualche spicciolo l’ora non sono sicuramente grandi incentivi per i giovani che, invece, di lavorare hanno voglia. Un altro forte problema che colpisce il ristorazione e turismo è il lavoro nero, una piaga che ogni anno si ripresenta in forma sempre più diffusa. Bar, pub, ristoranti: si stima che l’80% delle irregolarità venute alla luce con un rapporto della Guardia di Finanza riguardino proprio il settore dell’ospitalità e della ristorazione.

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Almeno un controllo su due che è stato effettuato dalla Guardia di Finanza per verificare la correttezza delle norme sul mercato del lavoro ha riportato sanzioni e denunce. Nell’ultimo anno e mezzo le fiamme gialle hanno scovato  più di duecento lavoratori pagati in nero e più di trecento persone “assunte” un contratto di lavoro non regolare solo nella provincia di Como.

Il fenomeno del lavoro irregolare ha portate allarmanti. Nel controllo di assunzioni e paghe, sono emerse numerose irregolarità in vari settori economici che riguardano tutto il Bel Paese. In particolare per quanto riguarda turismo e ristorazione. L’ambito più colpito da questo fenomeno è, infatti, quello il turismo. L’80% delle irregolarità hanno visto il coinvolgimento di bar, pub, ristoranti, attività di intrattenimento e strutture alloggiative.


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