Un’esperienza gourmet a casa: con Eat Like a Star si può

Rational racconta una storia di amore e passione per il cibo e di rispetto per le tradizioni e le materie prime, che trasforma radicalmente l’idea del cibo precotto.

È con queste premesse che è iniziata la storia di Eat Like a Star, dal sogno di Enrico Baggio e Arianna Parisotto che ha preso forma e si è concretizzato durante la pandemia. La loro intuizione li ha portati a offrire un’esperienza gourmet da gustare a casa, quando al ristorante non era possibile farlo.

L’esperienza gourmet a casa

In cosa si differenzia rispetto al tradizionale servizio delivery? Nell’idea di proporre ai clienti un’esperienza gourmet. Attraverso piatti cotti sottovuoto dentro a sacchetti che possono poi essere facilmente rigenerati a casa e gustati proprio come al ristorante. Con gli stessi sapori e le stesse proprietà organolettiche, grazie la cottura a bassa temperatura del cibo.

«Non ci siamo inventati nulla perché la cottura a bassa temperatura esiste da un sacco di tempo, ma grazie alla tecnologia che utilizziamo, in questo caso quella di Rational, siamo arrivati ad un livello altissimo di proposta» racconta Enrico «Riusciamo a produrre qualsiasi cosa». 

Rational eat like a star

Le tavole di Eat Like a Star ricche di piatti gourmet

Ed è così che le tavole dei clienti di Eat Like a Star si ritrovano imbandite di delizie. Come il polpo di Sicilia alla zuppa Parmentier, costine di Maialino al barbecue… E ancora: hamburger di Fassona Piemontese accompagnato da cipolle rosse caramellate, senape di Digione in grani aromatizzata al miele e bacon croccante.

Le pietanze preparate sono destinate sia ai clienti che si recano ad acquistarli direttamente presso il bistrot Henry’s Bar, sia a colleghi terzi che operano nella ristorazione, portando alla produzione di circa 5.000 pasti a settimana per questi ultimi.

RATIONAL Eat like a Star

In questo modo i proprietari delle altre strutture hanno la possibilità di risparmiare su materie prime e prodotti. Non hanno bisogno di un grande chef, di grandi celle o grandi cucine. Necessitano solo di un posto di stoccaggio e di un dipendente volenteroso e sufficientemente fantasioso per impiattare i piatti sperimentando le varie ricette.

Conclude Enrico «Noi non vendiamo cibo, vendiamo emozioni. Partendo dal presupposto che produciamo cibo, ovvero qualcosa che, passando dalla bocca e dallo stomaco delle persone arriva poi alla testa e al cuore, dobbiamo avere un’attenzione particolare a far vivere un’emozione». 


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