Vino e Metaverso, quale futuro? La risposta degli esperti fa scuola

Nuovi spunti di riflessione, tanti momenti di confronto, stimoli, formazione e marketing. È stata davvero proficua e ricca di nozioni la EnoNautilus Wine Metaverse Conference, la due giorni svoltasi sul Metaverso per scoprire quali possono essere le opportunità che il mondo del vino può sfruttare in questo nuovo spazio tanto immenso quanto ricco di potenzialità per la comunicazione di domani.

Il Metaverso, una nuova realtà, un nuovo spazio dedicato alla comunicazione

EnoNautilus, che fin dalla sua formazione si muove con destrezza alla scoperta del Metaverso, ha subito colto le opportunità di cui questa realtà virtuale dispone, tanto per un’esperienza che andrà sempre più a incidere sulla vita degli utenti del web, quanto per coloro che puntano ad ampliare gli orizzonti del proprio business, dai brand di moda fino, appunto, alle aziende vitivinicole.

Tuttavia, com’è stato chiaro anche dalla due giorni di confronto tra esperti dei settori web e vino, il Metaverso rimane ancora un mondo sicuramente in forte espansione, ma ancora poco noto ai più.

EnoNautilus Wine Metaverse Conference,

“Si tratta di un nuovo paradigma di comunicazione – ha spiegato Augusto Faglia, COO di Vanilla Innovations – dedicato agli utenti ma anche alle aziende. Oggi è abitato da 350 milioni di persone, suddivise in circa 43 mondi digitali”. Un mondo parallelo, quindi, una realtà virtuale all’interno della quale possono trovare una seconda dimensione.

Dietro il Metaverso si celano, naturalmente, moltissime dinamiche necessarie al funzionamento di un così complesso sistema di scambio informazioni, tuttavia “non è necessario spiegare nei dettagli una nuova tecnologia. L’importante è renderla funzionale all’ospite, chiara, immediata – ha proseguito Augusto Faglia -. Non dobbiamo lasciare spazio ai tecnicismi collaterali, che rendono l’esperienza del Metaverso più complicata di quanto debba essere. Questo allontana le persone, non le avvicina”, scoraggia il pubblico ad approcciarsi ad una realtà che dev’essere in primo luogo resa semplice ed immediata, cosicché tanto il consumatore finale quanto un’eventuale azienda possano viverci e “fare business”.

Tra i mondi digitali che proliferano nel Metaverso, uno tra i maggiori è Spatial. A parlarne durante la due giorni è stato Jack Neri, costumer success associate. Il suo è stato un intervento atto a ripercorrere la formazione di uno dei tanti Metaversi in questo momento accessibili al grande pubblico. “Ho iniziato a usare Spatial per alcuni meeting. Mi sono subito accorto di quale grande opportunità fosse: essere nello stesso posto allo stesso tempo con qualcun altro, senza per forza spostarsi davvero”.

A una prima rivelazione è seguito un lavoro intenso, di ricerca, di studio, di miglioramento: “Inizialmente si poteva accedere a Spatial solo via telefono, poi abbiamo ampliato l’accessibilità. Compresa la potenzialità dello spazio e visto il numero di utenti che ne prendevano parte, abbiamo cominciato a personalizzarlo, a permettere agli utenti di vivervi esperienze al proprio interno. Abbiamo realizzato strutture collegate, palazzi, gallerie d’arte. I nostri progressi permettono ora all’utente di entrare in una stanza mediante una porta che si apre automaticamente quando il suo avatar si avvicina”.

Un mondo in costante evoluzione, al cui interno è possibile creare infrastrutture ad hoc per rendere l’esperienza dell’utente unica e utile. È questo il lavoro di Leonardo Marchesi di Decent Architecture. Ci stiamo rivolgendo a un pubblico nuovo, in costante aumento, diverso da quello dei social. Io e la Decent Architecture nasciamo come studio d’architettura a tutti gli effetti; solo nel 2021 abbiamo deciso di iniziare a disegnare nel Metaverso, proprio per le enormi possibilità che questa realtà offre. Dalle campagne marketing ai negozi online, dall’e-commerce fino alla vendita di NFT”.

All’interno del Metaverso la Decent Architecture è uno dei molti studi che ad oggi realizza le infrastrutture necessarie alle esigenze di pubblico come di tante aziende: Sono tanti i brand che già sono entrati a far parte di questo nuovo mondo, da Gucci a Barbie, da Louis Vitton a Coca Cola. In molti si sono accorti di quante potenzialità abbia il Metaverso e tanti necessitano di infrastrutture per realizzare i loro scopi”.

Il vino e la comunicazione digitale

All’interno di un mondo virtuale in cui molte aziende di diversi settori hanno trovato il loro spazio, quali sono allora le prospettive per il mondo del vino? E soprattutto, quale la comunicazione che il mondo del vino è bene adotti in questa particolare realtà?

Per rispondere a questa domanda, bisogna prima di tutto comprendere quali sono ad oggi le strategie di comunicazione che il vino ha adottato negli ultimi anni all’interno del macrocosmo “web e social”. A parlarne è stata la sommelier ed esperti di comunicazione wine Simona Geri. “Il comunicatore digitale è colui o colei che collabora con aziende vitivinicole, consorzi o eventi per promuovere una brand o un marchio”.

Il comunicatore digitale secondo Simona Geri deve farsi forte di alcuni presupposti fondamentali prima di interfacciarsi con il suo pubblico: “Innanzitutto deve ricordare a chi si rivolge, vale a dire a un pubblico di winelovers, non di professionisti. È quindi necessario che utilizzi un linguaggio che sia prima di tutto fruibile e semplice. Deve mettersi insomma nei panni del consumatore finale. Non è però un influencer, figura alla quale non vengono richieste particolari competenze tecniche”. In poche parole, il comunicatore digitale wine deve “avere una formazione professionale, da veicolare al consumatore finale in maniera semplice e chiara, mettendoci la faccia, cosicché il pubblico si fidi della persona e si fidelizzi al brand che quella persona sta sponsorizzando”.

Dello stesso parere è il brand strategy director Marco Apadula, a capo di Up.00, realtà che si occupa di incrementare il business aziendale e il valore di un’impresa puntando sul brand. “Quando comunichiamo, dobbiamo tenere a mente che ogni vino deve essere comunicato come unico, distintivo e rappresentativo. Ecco perché è necessario comunicarlo distinguendosi, puntando su un’unicità che sia identitaria ed emozionale”.

Il modo migliore per fare ciò, secondo Apadula, è ad esempio spostare la comunicazione, senza abbandonare quella del prodotto, ma aggiungendovi quella del brand, della cantina, che abbia una propria identità, un’identità che venga trasmessa al consumatore finale”.

È quindi fondamentale che una cantina – o un comunicatore per essa –  conosca bene il pubblico a cui si rivolge, perché il messaggio arrivi, perché il cliente si fidelizzi, per raggiungere lo scopo.

Se ad esempio ci si rivolge ad un pubblico generico, desideroso di informarsi e conoscere più a fondo l’ambito e il prodotto, uno strumento valido è Telegram, piattaforma non ancora esplorata come le alternative Facebook e Instagram. A parlarne durante la EWMC è stato Flavius Harabor, uno dei massimi esperti dell’app di messaggistica.

“Per molti Telegram è uno spazio ancora ignoto, poco utilizzato. Eppure le pagine business che oggi mette a disposizione dei suoi utenti hanno superato i 5 miliardi di visualizzazioni. Utenti che hanno la volontà di informarsi e capire di più”.

Il social network mette infatti a disposizione dei suoi utenti una serie di pagine business note come Canali. L’azienda che ne apre uno può comunicare “uno a tanti” con gli utenti che ad esso si iscrivono. “Dirette audio e video, podcast, webinar, tanti diversi strumenti per raccontare i propri vini e la propria azienda. O anche bot, che danno la possibilità all’utente di scegliere un determinato prodotto, ad esempio, e di giorno in giorno scoprirne novità ed utilizzi”.

Che sia attraverso i social a cui siamo abituati o attraverso i canali di Telegram, un preconcetto da tenere sempre a mente è: La comunicazione non è quello che vogliamo trasmettere, ma il risultato che otterremo dopo aver comunicato”. Parola di Lavinia Furlani, presidente di Wine Meridian, anche lei intervenuta durante la due giorni dell’Enonautilus Wine Metaverse Conference.

E ancora, “se il mondo cambia, non può non cambiare anche la comunicazione del vino”.

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La comunicazione del vino nel Metaverso

Dati per assodati questi punti, c’è da chiedersi: come si comunica, allora, il vino nel Metaverso? Secondo Fabio Piccoli, direttore responsabile di Wine Meridian, lo si deve fare in una maniera differente rispetto a quella a cui siamo abituati.

“Dagli anni ‘90 l’obiettivo è stato quello di dare una maggior credibilità al vino, quindi la comunicazione si è concentrata nel raccontare il vino com’è all’interno di un bicchiere. Oggi le nuove generazioni si sono allontanate da queste nozioni, dalla cultura pop in generale. Il linguaggio del vino deve essere rivoluzionato, adattato a nuove realtà come quella del Metaverso, staccandosi dal prodotto vino. Un esempio che oggi funziona già ce l’abbiamo: è l’enoturismo, esperienza grazie alla quale il vino non è più l’unico traino per recarsi in cantina”.

Un modo nuovo di vedere il vino quindi, che crei degli utili, del business, oltre il singolo prodotto.

Un’altra modalità di comunicazione e conseguente vendita è fornita dagli NFTopere digitali in questo caso realizzate e strettamente correlate a una data etichetta. Già diverse case vitivinicole vendono NFT di etichette realizzate da artisti noti – spiega Sergio Sirabella, esperto di criptovalute, Metaverso e NFT – Anche nel caso in cui l’acquirente avesse riscattato la bottiglia, gli rimarrebbe comunque l’opera digitale. Oppure si potrebbe acquistare la bottiglia insieme all’NFT, ma lasciare la bottiglia stoccata nella cantina del proprietario: allora l’NFT diventerebbe uno strumento finanziario e l’acquirente potrebbe rivenderlo ad un valore maggiore nel tempo”.

La compravendita di NFT nel Metaverso, come in Internet in generale, è garantita dal sistema Blockchain, spiegato a fondo durante la due giorni da Michele Morbiato di Noder: “È stata una vera e propria rivoluzione. Per dirla in maniera chiara, rende possibili transazioni di fiducia tra persone che non si conoscono, consente ad una comunità di utenti di riportare in un registro condiviso e inalterabile una serie di transazioni”.

La blockchain è un sistema già vivo nel mondo del vino digitale: “La blockchain in generale rappresenta un rapporto di totale fiducia e trasparenza tra il produttore e il consumatore finale. Quest’ultimo ha la sicurezza di ciò che compra grazie ad un sistema di tracciabilità certificata, che controlla tutta la produzione del vino acquistato, dalla vite all’imbottigliamento”.

La vendita di NFT tramite blockchain è alla base di PWC, come spiega il manager David H. Bismuth: “La nostra è un’organizzazione autonoma e decentralizzata basata su blockchain. Qui è possibile acquistare con garanzia di sicurezza utilizzando i token. Anche gli NFT sono acquistabili, e nel tempo possono assumere valore”.

Il Metaverso diventa così un nuovo luogo, prediletto e ancora fertile, dove fare business. Chi disloca una parte della propria attività qui deve però sempre ben tenere a mente quali sono i meccanismi per agevolare la vendita dei propri prodotti.

A parlarne è proprio Laura Iacovone, docente ed esperta nei processi decisionali dell’individuo. “Il neuromarketing parte dal presupposto che ci sia una parte inconscia molto rilevante nel nostro processo di acquisto. Un’azienda deve comprendere, che sia in una campagna pubblicitaria o nella vendita di prodotti/esperienze sul Metaverso, che collegare un brand a ciò che noi abbiamo amato nella nostra giovinezza è un modo per far emergere nuovamente emozioni positive, che ci inducono all’acquisto”.

E ancora, “con la forza delle immagini, con la forza degli stimoli visivi in un contesto come il Metaverso, riusciamo a ottenere comportamenti in maniera automatica”.

La EnoNautilus Metaverse Wine Conference, organizzata da EnoNautilus in collaborazione con Wine Meridian e InLombardia e con il patrocinio di Regione Lombardia, ha a tutti gli effetti dato un primo slancio chiaro all’incontro tra due mondi che nel futuro non potrà che intensificarsi.


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