Vino, funghi e tartufi: quando il sotto-bosco diventa perfezione

Luca Gardini

Luca Gardini

Funghi, tartufi e vino… La stagione autunnale riporta sui tavoli di milioni di italiani – almeno di quelli onnivori – piatti dalla grassezza più corposa, un piacere certo figlio della temperatura che si va abbassando. Per chi non lo sapesse è anche fisiologica modalità del nostro corpo di stabilire un corretto scambio termico con l’esterno. Nella stagione fredda per mantenere costanti i 36-37 gradi della temperatura idonea, il nostro fisico ha bisogno di più “combustibile” del dovuto. Necessità o sfizio, insomma, via libera a cotture più lunghe, condimenti più sapidi e porzioni più generose, ideale habitat per la proliferazione di un grande caposaldo delle nostre tavole, ovverosia quello di “miceti”.

vino tartufo autunno

Le eccellenze della stagione

Funghi e tartufi (i quali, sciogliendo ogni dubbio, sono funghi anche loro) rappresentano infatti una peculiarità basilare nella nostra tradizione culinaria. La fonte di una divinazione pagana che parte da feste e sagre monografiche per arrivare fino all’alta cucina, tra cui diversi stellati, le cui carte sono florilegi di preparazioni imperniate o arricchite dall’offerta micologica. Tre su tutti, Carlo Cracco, Enrico Crippa e Massimo Alajmo. Da un punto di vista botanico i funghi sono organismi vegetali privi di clorofilla, costretti per questo motivo ad alimentarsi per via “eterotrofa” (non sono in grado di sintetizzare composti organici, dunque assorbono quelli sintetizzati per loro da altri organismi).

Necessaria quindi la simbiosi con una pianta “verde” da cui assorbire nutrimenti diversamente inaccessibili. Il tartufo, come detto, è una tipologia particolare di fungo chiamato ipogeo, la cui crescita e maturazione avviene integralmente sotto la superficie della terra. È da considerare, da questo punto di vista, una sorta di “miracolo” per le condizioni perfette di umidità e temperatura – e solo in quelle – in cui avviene.
Soprattutto per queste peculiarità i funghi in generale, in tutte le loro declinazioni, dai più duttili porcini ai più invasivi tartufi, presentano caratteristiche talmente spiccate da rappresentare una vera e propria sfida in fase di abbinamento.

Consigli

Qualche premessa per iniziare. Eviterei un vino con eccesso di frizzantezza naturale per non perturbare la percezione tipicamente rotonda del gusto del fungo, con l’eccezione delle bollicine, soprattutto del metodo classico, che senza forzature possono abbinarsi alla maggior parte delle preparazioni più semplici, insalate in testa. L’altro segreto è evitare l’eccessiva trama tannica, perché la caratteristica gustativa generale del fungo, cotto o crudo, è quella di un finale amarognolo. Anche il tartufo, che sia bianco o che sia nero, ha una proverbiale invasività, quindi per evitare collisioni fatte di eccessi di spigoli è necessario muoversi tra vini rotondi, senza troppe asperità, che possano cullare e coccolare il palato.

Il vino da scegliere

Per risotti e primi piatti, per esempio zuppe o tagliolini, consiglio rossi di struttura ma giovani, come quello spettacolare vitigno che è il Pinot nero, per esempio l’Alto Adige Pinot nero Colterenzio DOC 2017, o un Dogliani DOCG 2017 di Poderi Luigi Einaudi (anche nella versione Superiore) per le caratteristiche di struttura ma soprattutto dolcezza e finezza al palato. Se invece preferiamo i bianchi, mi muoverei verso un vino dalla spiccata mineralità e grassezza, dall’aromaticità non invadente e non invecchiati, come ad esempio l’Alto Adige Riesling DOC “Montiggl” 2017 di San Michele Appiano, perfetto anche con il tartufo.

Per lo stesso motivo è ideale l’Arneis, per esempio il Roero Arneis DOCG 2017 di Matteo Correggia, un vino meraviglioso, equilibrato, corposo ma più amico fraterno che non compagno di battaglia. Sui secondi il discorso cambia, ma non radicalmente. Su tagliate, filetti, brasati o selvaggina, con funghi o tartufo, a mio avviso ideali le note tenui, su un corpo inimitabile, del Marina Cvetic 2015 di Tenuta Masciarelli. Il Montepulciano ha la capacità di estrarre anche dalle preparazioni più complesse quel dolce crepitare di foglie del sottobosco indispensabile per rendere un pasto a base di funghi un’esperienza indimenticabile.

 


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